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8 settembre 1943

L_eco di Bergamo_9 settembre 1943

L’8 settembre 1943 Eisenhower, in qualità di comandante delle truppe alleate nel Mediterraneo, rende pubblicol’armistizio firmato da Badoglio il 3 settembre. La notizia prende alla sprovvista le autorità italiane: il re e Badoglio lasciano Roma. Le forze armate (tranne la Marina) restano senza ordini in ore di crisi drammatica. Ai tedeschi basteranno due giorni per occupare l’Italia e i territori balcanici, mentre l’esercito italiano si sfascia. 

All’annuncio dell’armistizio a Bergamo, Sereno Locatelli Milesi, Commissario dei 45 giorni, contatta il prefetto Luigi Giannitrapani e il colonnello Poli, comandante del 78° Reggimento di Fanteria di stanza alla Caserma Umberto I: la tensione è alta, ma sia il prefetto che il colonnello rassicurano il sindaco.  

Il 9 settembre il colonnello Poli “assicura di essere tranquillissimo e di avere la situazione in pugno” (Sereno Locatelli Milesi). Nel frattempo Ettore Tulli si mette alla testa di un gruppo di cittadini che su sua sollecitazione si dirigono alla Prefettura, reclamando le armi necessarie a fronteggiare l’imminente occupazione tedesca della città. Il giorno dopo, il colonnello Poli è indisposto e irreperibile. Molti soldati, fuggiti dalle caserme gettando armi e divisa, cercano di fare ritorno alle proprie case. 

Sono momenti tragici e confusi. A ottant’anni dalla formazione dello stato nazionale, il nostro paese in quanto stato autonomo si dissolve e l’Italia torna a dividersi. Il re e la classe dirigente italiana danno vita al Regno del sud, mentre Mussolini annuncia la ricostituzione a nord della Repubblica Sociale Italiana (RSI): entrambe le parti aspirano a incarnare la continuità dello Stato. Nella quotidianità dell’esperienza vissuta tuttavia, si tratta di vivere in un regime di occupazione – a sud gli Alleati e nel centro-nord i tedeschi.

Ed è proprio cogliendo fino in fondo lo stato di tragica confusione vissuto allora che comprendiamo quanto l’8 settembre sia un momento cruciale per la storia del nostro paese: il pericolo incombente su un intero paese non lo paralizza nella paura, non induce al vittimismo, al revanscismo o allo sciovinismo, ma anzi la tensione del momento diventa pungolo per mettersi in crisi, per fare i conti con se stessi e trovare la lucidità per rischiare se stessi.

È allora che, come dirà Natalia Ginzburg, “le parole patria e Italia”, liberate “dall’aggettivo fascista, […] d’un tratto alle nostre orecchie risultarono vere. Eravamo là per difendere la patria e la patria erano quelle strade e quelle piazze, i nostri cari e la nostra infanzia, e tutta la gente che passava”. E per quella patria, che ha ritrovato il suo significato lontano dalla retorica, ma dentro l’esperienza vissuta, “ognuno era pronto a perdere se stesso e la propria vita”.

È allora che anche a Bergamo le donne si organizzano. Come dirà un comandante partigiano ripensando all’8 settembre: “la Mariella Valenti, la Betty Ambiveri, la Mimma Quarti, la Lidia Curti…sono i primi nomi che mi vengono in mente [perché] le donne ci hanno dato il là, ci hanno fatto capire che ci si poteva e doveva organizzare” (L’Eco di Bergamo, 10 settembre 1985). E lo fanno innanzitutto prendendosi cura dei corpi dei soldati sbandati, dando loro rifugio e cura.

È allora che intorno alla  fontanella del Sentierone (la “vedovella”) si va organizzando quella rete che porterà alla costituzione del primo comitato di liberazione bergamasco: “uno riportò la voce che a Lecco si era costituito un Comitato; di che genere non si seppe esattamente […] ma si doveva anche noi fare qualcosa” (G. B. Cortinovis)L’8 settembre, lontano dal considerarsi “morte della patria”, è piuttosto da pensare come momento in cui la volontà di riappropriarsene porta a darne un significato nuovo dentro e attraverso la propria esperienza personale e, con uno sforzo di fantasia e intelligenza, a affrontare la crisi guardando a un futuro diverso e da costruire. All’Italia della Repubblica Sociale che si pensa nella continuazione del regime totalitario istituito da Mussolini e dell’alleanza con la Germania nazista si oppone l’Italia che dice no al fascismo e alla continuazione della guerra, che riconosce negli antifascisti i propri padri e si batte al fianco degli Alleati, consapevole che l’identità statuale da dare al paese è una questione da affrontare dopo la sconfitta del fascismo. 

Prima pagina de “L’Eco di Bergamo”, 9 settembre 1943
Prima pagina de “L’Eco di Bergamo”, 9 settembre 1943
Volantino della propaganda fascista dopo l’armistizio, contro il Re e Badoglio
Volantino della propaganda fascista dopo l’armistizio, contro il Re e Badoglio
"Relazione attività" di Ettore Tulli, relativa al periodo settembre-dicembre 1943, diretta all’Ufficio patrioti e datata 27 ottobre 1945
"Relazione attività" di Ettore Tulli, relativa al periodo settembre-dicembre 1943, diretta all’Ufficio patrioti e datata 27 ottobre 1945
p0_cap1_8settembre
Estratto da L’Opera delle suore delle Poverelle (Istituto Palazzolo) nel periodo di lotta clandestina, relazione non firmata, s.d.
Giovanni Battista Cortinovis
Lettura di estratti da Pro Memoria di Giovan Battista Cortinovis sul primo Cln di Bergamo e provincia, s.d.