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L’arrivo dei tedeschi: 10 settembre

Dettaglio in cui si vedono le indicazioni stradali in tedesco delle strutture dell’esercito occupante

Il 10 settembre 1943 i tedeschi entrano a Bergamo, tra le 3 e le 4 del pomeriggio: l’occupazione è rapida e non conosce resistenza. Le truppe tedesche possono quindi entrare in città guidate dal comandante Neumann senza nessun incidente. Nell’imminenza del loro ingresso si erano diffuse voci contrastanti: chi sosteneva giungessero da Verona e chi da Milano. Certo è che l’avvocato Camillo Fumagalli, di ritorno in bicicletta dal Tribunale di Brescia, è sorpassato da una colonna tedesca e che alle 16 carri armati tedeschi attraversano il Sentierone e, come ricorderà Sereno Locatelli Milesi, “dall’alto di essi dei ragazzotti biondi, in tuta coloniale, si guardano intorno sorridenti: avranno 18 o 19 anni, e sembrano ragazzi in vacanza che si divertono al gioco della guerra. (Ragazzotti che pare giochino alla guerra: ed hanno messo in sfacelo un esercito)”.

Se non assistiamo a nessun tipo di resistenza armata, certo è che anche a Bergamo il soccorso ai militari sbandati e agli ex prigionieri alleati è l’unica reazione di massa a quanto accade nei giorni concitati intorno all’8 settembre. Oltre ai militari sbandati, non va dimenticato che nella periferia di Bergamo, a Grumello al Piano, dal luglio 1941 è attivo il Campo per prigionieri di guerra n. 62 (più noto come Campo della Grumellina): il campo è costruito per una capienza massima di 3000 prigionieri. I primi ad arrivare sono militari jugoslavi, ma è accertato il passaggio anche di francesi, greci e inglesi. Il campo ha  distaccamenti di lavoro in provincia; intrattiene rapporti con altri campi del sistema concentrazionario fascista per l’invio di prigionieri da impiegare come forza lavoro; registra anche la presenza di internati civili. Il 25 luglio vi entra in funzione una sezione staccata della Croce Rossa e dopo l’8 settembre, con la fuga del personale fascista, i militari lì prigionieri sono abbandonati a se stessi, lontani da casa e privi di una lingua con cui comunicare. Si vanno organizzando allora reti di soccorso spontaneo per i militari alleati che, anche dopo la promulgazione dei bandi nazisti che ne intimano la consegna pena la deportazione in Germania, sono il primo gesto con cui la Resistenza si accredita di fronte agli Alleati. È in quest’azione di salvataggio le donne esprimono un protagonismo impensabile nel quadro della dittatura fascista e carico di idee per il futuro.  L’11 settembre, a un giorno dall’ingresso dei tedeschi, si odono i primi spari. Proprio attorno a un gruppo di ex prigionieri del campo della Grumellina scappati sulle colline di Sudorno si ha il primo episodio di scontro a fuoco. Nei pressi di villa Plinia, residenza dell’ex podestà Carlo Vitali, ha trovato rifugio un gruppo di militari in fuga, che Vitali, credendolo suo dovere, segnala con una telefonata alla caserma Umberto I, ormai occupata dai nazisti, e così tradisce: dopo la segnalazione, in poco meno di mezz’ora i tedeschi sono sul posto e attaccano i militari ferendoli e uccidendone uno. 

Dettaglio in cui si vedono le indicazioni stradali in tedesco delle strutture dell’esercito occupante
Dettaglio in cui si vedono le indicazioni stradali in tedesco delle strutture dell’esercito occupante
Vista d’insieme e foto di vita del campo per prigionieri di guerra n. 62 noto come Grumellina, per gentile concessione di Giorgio Marcandelli
Vista d’insieme e foto di vita del campo per prigionieri di guerra n. 62 noto come Grumellina, per gentile concessione di Giorgio Marcandelli
Estratto da L’Opera delle suore delle Poverelle (Istituto Palazzolo) nel periodo di lotta clandestina, relazione non firmata, s.d.
Estratto da L’Opera delle suore delle Poverelle (Istituto Palazzolo) nel periodo di lotta clandestina, relazione non firmata, s.d.
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Lettura di estratti da Sereno Locatelli Milesi, Nove giorni a Palazzo Frizzoni 8-16 settembre 1943, Edizioni Orobiche Bergamo, Bergamo 1945