Alla fine di gennaio 1945, molti indizi fanno ritenere prossima la ritirata delle forze tedesche. La sostituzione al comando delle forze alleate del generale Alexander con l’americano Clark (dicembre 1944) è segno di un mutato atteggiamento alleato: una nuova attenzione e un’importante strategia di aiuti alla Resistenza è parte integrante dei preparativi per l’offensiva finale. Ai partigiani italiani si chiede di organizzare la “battaglia delle comunicazioni”, colpendo le reti ferroviarie, i trasporti nemici e i ponti e di salvaguardare il patrimonio industriale e in particolare il sistema delle risorse energetiche al fine di evitare una situazione di caos e miseria.
Nei tre mesi che precedono la liberazione, la consistenza numerica delle bande continua ad aumentare e tutta l’attenzione è focalizzata alla preparazione della liberazione. Si preparano i piani della calata in pianura e di insurrezione delle città, nella consapevolezza dell’importanza di cogliere il momento giusto: non troppo presto per evitare scontri insostenibili con le corazzate tedesche, non troppo tardi, dopo l’arrivo degli Alleati. Per questo, risulta indispensabile giungere a comandi di zona realmente effettivi che permettano una direzione militare unitaria. Il progetto di trasformazione delle formazioni partigiane in un unico esercito con l’unificazione delle forze partigiane nel Corpo Volontari per la Libertà si scontra tuttavia con la realtà multiforme di quella che è stata una guerra per bande.
A Bergamo a stabilire i contatti con le formazioni partigiane in vista dell’insurrezione generale è la Special Force inglese: la missione guidata dal maggiore della Raf, Manfred Czernin (“Manfredi”), è paracadutata sul Mortirolo e attraverso il passo di Caronella raggiunge la Val Serina in località Valmorta dove è inviato ad accoglierla Bepi Lanfranchi, comandante della brigata GL Camozzi. La missione è composta dal capitano Pearson “Turco”, dal tenente Giuliano Mattioli “Matthwes”, dal sergente Williams e dal caporale McSorley. Il 6 aprile sul Pizzo Formico sono paracadutati Paolo Poduje Moicano e il radiotelegrafisca Vincenzo Casale “Vitaliano”.
I rapporti che gli uomini della missione inglese instaurano con i partigiani sono molto buoni: grazie alla loro presenza si intensificano i rapporti tra la bergamasca e i comandi regionali e il coordinamento delle attività delle formazioni.
Il 25 aprile si diffonde la notizia dell’insurrezione a Milano: molti partigiani sono presi alla sprovvista dalla notizia.
A Bergamo città la tensione è sempre più alta per la presenza di armati e il passaggio di colonne tedesche in ritirata. Il 26 aprile, il capo della Provincia Vecchini, sulla base di un accordo con i partigiani, lascia il suo posto. Un’ora più tardi il CLN prende possesso dell’edificio nominando Zambianchi prefetto della Liberazione. Le trattative con i nazisti per la resa si fanno nel frattempo complicate poiché i tedeschi cercano di arrendersi solo agli alleati. Sono Manfred in stretta collaborazione con i comandi partigiani, e Bruno Quarti, che li rappresenta, a recarsi il 27 aprile, alle ore 18 dal capitano Langer per ingiungergli l’ultimatum: resa incondizionata entro un’ora. Sono loro che ricevono in Prefettura il generale Ebeling, accompagnato dal capitano Langer e da due maggiori dell’esercito tedesco, per discutere la resa. I tedeschi promettono di recapitare in serata la resa.
Alle 22:30, viene consegnato il foglio di resa: si tratta di una resa soltanto per gli inglesi, irricevibile per i partigiani che sentono di rappresentare l’intera città.
Il 28 mattina viene consegnata la resa sia per gli inglesi che per gli italiani: è una resa senza condizioni.
Dal 29 aprile gli inglesi prendono nelle loro mani il governo della città: a Manfred subentra il governatore Morley Fletcher. La guerra non è però ancora ufficialmente conclusa in bergamasca: solo il 2 maggio con l’instaurazione dell’ Amministrazione alleata su tutto il territorio provinciale la guerra può dirsi finita.
Il 4 maggio per le vie di Bergamo sfilano gli uomini e le donne della Resistenza.
Anche a Bergamo in quei giorni di primavera vi fu “un un momento, in quei mesi, in cui parve che dal profondo si scuotesse qualcosa, lasciando intravedere un volto della gente dei nostri paesi fino allora sconosciuto.” (Luigi Meneghello)Ed è questa aria di primvera, nuova e rigeneratrice, che ci pare sentire guardando una foto di Amalia Mosconi e Roberta Bianchi, giovani donne legate alle lotta di Giustizia e Libertà, ritratte nei giorni della liberazione in Porta Nuova.