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La dimensione europea

Lisaveta Ghelfenbein, per gentile concessione dei suoi discendenti

Le vicende della Shoah ci ricordano quanto nella Seconda guerra mondiale si intreccino e sovrappongano due guerre diverse e dagli esiti non completamente identici. Da una parte la guerra per imporre all’Europa il nuovo ordine nazista, persa dal Terzo Reich con la vittoria militare e politica degli Alleati e delle Resistenze europee; dall’altra, la guerra agli ebrei che i nazisti scatenano dalla loro ascesa al potere e che stravolge il volto dell’ebraismo europeo. La persecuzione degli ebrei d’Europa, se non è compiutamente realizzata come nei progetti nazisti, è comunque causa della scomparsa definitiva di intere comunità e di parte di interi nuclei familiari.

A ricordarcelo a Bergamo c’è la storia di Lizaveta Ghelfenbein, in città ricordata come Lisa e spesso associata al marito Ferruccio Galmozzi.

La storia di Lisa è una storia di viaggi e di incontri, di addii mai detti e di fiducia nel domani.

Era nata nella Russia zarista nel 1887. A Odessa infatti i genitori, Israel e Rebeka Spiro, di origini e religione ebraica, avevano costruito la loro numerosa famiglia: tre figli, Volodia Sasha e Misha, e quattro figlie, Olga, Nina, Lisa e Vera.

La famiglia è benestante anche se non ricca; i genitori sono attenti alla formazione dei loro figli, senza distinzione tra maschi e femmine. Hanno fiducia nella cultura, amano la musica e l’opera. I figli crescono nella casa di famiglia non lontano dal mare e i loro destini attraversano l’Europa.

Aiutata dal fratello più grande Volodia, che lavora in borsa prima a Odessa, poi a San Pietroburgo, Lisa lascia la sua città per studiare medicina: la sua condizione di ebrea e di donna non le permette infatti di accedere all’università nella Russia zarista. Nel 1920 anche Volodia si trasferisce a Londra e quindi a Parigi. Diversi anni dopo il matrimonio, è la sorella Nina a lasciare Odessa insieme al marito per Chisinau, dove Vera, dopo essere rimasta vedova, la raggiunge con la figlia. Il fratello Misha, prima sportivo, intraprende una carriera nel teatro che lo porta a diventare primo ballerino nel teatro di Samara.

In Italia Lisa si costruisce una vita e una famiglia sua.

Durante gli studi a Torino incontra il giovane Ferruccio Galmozzi: è più giovane di tre anni di Lisa, è uno studente eccellente e impegnato negli ambienti cattolici dell’associazionismo e del volontariato. Si innamorano e si sposano nel febbraio 1917: è in corso la Prima guerra mondiale, Ferruccio è chiamato alle armi e la cerimonia si celebra durante una licenza. Lisa è laureata da due anni (ha conseguito il diploma a Modena dove si era trasferita per superare lo scoglio di un esame), ha iniziato a lavorare e si è convertita al cattolicesimo.

Mentre Ferruccio è al fronte, Lisa riceve un incarico al sanatorio dell’Ospizio San Vincenzo a Torre Boldone, dove deve assistere le ammalate di tubercolosi. Vi si trasferisce nel 1918, ed è già madre di Luciano, e a Torre Boldone nasce Maria Rosa (che sarà poi sempre chiamata Marussia). È la prima donna medico nella provincia di Bergamo.

Nel 1919 anche Ferruccio, il “marito della dottoressa” come lo chiamavano allora, rientrato dal fronte inizia a esercitare la sua professione di medico all’Ospedale Maggiore di Bergamo e a militare nelle file del PPI bergamasco: sarà consigliere comunale nel 1921 e assessore all’Igiene e alla Sanità nella giunta guidata da Paolo Bonomi.

Tra gli anni Venti e Trenta la famiglia cresce: Lisa sarà madre di nove figli (Luciano, Marussia, Andrea, Marcella, Nicola, Lisetta, Gianfranco e Giancarlo, Gianmaria) e conoscerà la sofferenza di vedere morire nel giro di pochi giorni tre dei suoi piccoli: nella primavera del 1926 Lisetta muore di meningite e, dopo pochi giorni, muoiono anche i gemelli Gianfranco e Giancarlo.

Dal 1923 la famiglia si trasferisce in Borgo Santa Caterina e dal 1926 ha anche una casa a Foresto Sparso. Lisa parla italiano con i suoi figli che hanno una lingua madre diversa dalla sua. L’origine russa non scompare; resta nelle canzoncine, in alcuni piatti tramandati e nei rapporti con gli zii che sentono parlare russo. A Bergamo verrà spesso il cosmopolita zio Volodia e, per un’estate, la zia Nina che sognava di diventare scrittrice. I legami di Lisa con i fratelli non si spezzano mai e a dimostrarlo sono sia l’epistolario che racconta di una quotidianità di famiglia mai venuta meno, sia lo scambio di fotografie che attesta la voglia di vedersi, raccontarsi, conoscersi.

L’intreccio tra culture, la differenza, il diverso non sono previsti nell’Europa nazifascista che coltiva il mito della purezza, purezza del sangue, delle tradizioni, delle nazioni. Nell’Italia fascista delle leggi razziste per la difesa della razza Lisa è perseguitata, prima nei suoi diritti di cittadina e poi nella sua vita, e Ferruccio umiliato, costretto a chiedere per i propri figli un certificato di razza ariana. Nella guerra contro gli ebrei scatenata dalla Germania nazista, a cui l’Italia aderisce con convinzione, i fratelli Ghelfenbein scompaiono. Solo Lisa si salva trovando rifugio nel convento delle Suore Orsoline di Gandino, grazie all’aiuto di uomini e donne normali che avevano deciso di mettersi fuori dalla legge per difendere l’umano di fronte alla violenza nazifascista e all’odio razzista.

Dopo la guerra, Lisa cercherà notizie dei suoi fratelli, scomparsi senza lasciare nessuna ultima parola consolatoria.

Nei venti mesi della Resistenza il figlio Nicola si impegna attivamente nella lotta partigiana e nell’immediato dopoguerra il “marito della dottoressa”, Ferruccio Galmozzi, è il primo sindaco eletto democraticamente dai cittadini di Bergamo.

Dal 1943 al 1950 Lisa vede nascere i primi sei nipoti della numerosa discendenza Ghelfenbein Galmozzi.

Il 19 agosto Lisa 1950 muore a Bergamo.

Grazie all’attenzione e alla cura con cui la famiglia ha custodito questa storia, oggi disponiamo di alcuni importanti documenti: lo scambio epistolare tra i fratelli in lingua russa (custodito da Marussia e oggi tradotto in italiano da un nipote, Sergio Volodia Cremaschi), i documenti trovati e conservati da Camillo Bianchi, il marito della figlia Marcella, le ricerche della famiglia fatte negli anni 70 da Marussia e le interviste ai figli di Lisa raccolte da Gabriella Cremaschi. È poi disponibile il diario di Marcella Galmozzi, Spigolando fra i ricordi,edito dal Museo Storico (oggi Museo delle storie) e il docufilm di Chiara Cremaschi, Quella cosa incredibile da farsi, prima ricostruzione della storia di Lisa. Chiara Cremaschi sta proseguendo oggi nelle ricerche per approfondire la conoscenza dei destini dei fratelli di Lisa, a partire da quello di Volodia.

Nel 2019 l’Isrec, insieme ai ragazzi del Liceo Lussana, in collaborazione con la famiglia di Lisa e il Comune di Bergamo, ha dedicato alla memoria dei Ghelfenbein il Giorno dell’Europa (9 maggio).

Lisaveta Ghelfenbein, per gentile concessione dei suoi discendenti
Lisaveta Ghelfenbein, per gentile concessione dei suoi discendenti
Una cartolina di Odessa
Una cartolina di Odessa
Volodia Ghelfenbein, per gentile concessione dei discendenti di Lisa
Volodia Ghelfenbein, per gentile concessione dei discendenti di Lisa