L’Italia della Rsi non è stata costretta alla deportazione a causa dell’occupazione, ma da alleata del nazismo ha operato perché questa diventasse pratica di repressione e strumento di attuazione dello sterminio del popolo ebraico d’Europa. Dalla fine del 1942, negli ambienti del ministero degli Esteri e tra i collaboratori di Mussolini si era informati da più fonti dello sterminio in corso nell’Europa dell’est. Del resto, Radio Londra diffondeva ormai precise notizie che molti potevano intendere nel loro tragico significato.
Assolutamente indispensabile è stato il ruolo delle autorità della Rsi nell’individuazione, cattura e detenzione degli uomini e delle donne da deportare e considerevole il ruolo della Guardia nazionale repubblicana (GNR), che con i suoi compiti di polizia interna e militare si è impegnata nella lotta ai “nemici” dello Stato.
La politica degli arresti decisa dalla Rsi è salutata con molta soddisfazione dalle autorità naziste in due documenti interni del ministero degli Esteri in cui è apprezzato il coinvolgimento della polizia italiana di fronte all’impossibilità tedesca di intervenire direttamente ad “un rastrellamento di tutti i comuni piccoli, medi e grandi” (in L. Picciotto, Per ignota destinazione. Gli ebrei sotto il nazismo, 1994)
Se consideriamo solo il gruppo dei cittadini italiani di “razza ebraica” arrestati in Italia e analizziamo le circostanze delle loro catture, escludendo quelle il cui dato è ignoto (2079), possiamo affermare che 1.951 sono stati arrestati dai fascisti, 2.444 da nazisti e 332 in operazioni congiunte di fascisti e nazisti.
In generale va ricordato che al 1° gennaio 1943 l’Unione delle Comunità israelitiche contava 32 802 iscritti a cui bisogna aggiungere 8.214 ebrei stranieri internati sparsi per tutta la penisola (2647 presenti al Sud e subito liberati). Tenendo conto di alcuni ingressi disordinati, sulla base delle ultime ricerche possiamo affermare che rimasero intrappolati sul territorio sotto il dominio della Rsi e occupato dai nazisti 38 994 ebrei. Nel Libro della memoria viene indicato in 8.529 il numero degli ebrei arrestati in Italia, tra cui con certezza sono stati identificati 7.579.
In particolare nella nostra provincia vengono catturate 45 persone, di queste solo tre catturate da tedeschi, nell’ottobre 1943 e prima che fosse predisposto tutto il sistema per la deportazione. Sono effettuate a Verderio e Oltre il Colle e hanno come vittime tre cittadini sfollati nelle valli bergamasche.
Per il resto, i cittadini di “razza ebraica” catturati in bergamasca sono tutti arrestati da italiani e anche qui ad occuparsene con particolare solerzia è la GNR. Dopo una prima ondata di catture sul finire del 1943, si assiste a una battuta d’arresto e solo a febbraio 1944 le catture riprendono: Fossoli, diventato campo di transito dall’Italia, viene svuotato dalla partenza del primo convoglio il 22 febbraio ed è nuovamente disponibile ad accogliere uomini e donne da deportare.
“Gli arresti si configurano come piccole operazioni di polizia contro gente inerme e considerata non pericolosa, da qui la facilità della cattura, ma anche della fuga” (Sil0vio Cavati). Mentre uomini e donne, vecchi e bambini, diventano agli occhi dei nazisti pezzi da contare e con cui riempire i convogli diretti nel cuore dell’Europa, in città la macchina burocratica etichetta, elenca e suddivide le loro cose e con la precisione dei conti che devono tornare le redistribuisce a chi ne fa domanda. Proprio quegli oggetti di vita quotidiana, che racchiudono i caratteri e le storie di chi le usa, lasciati nelle case abbandonate dopo la cattura o nella fuga, continuano in altre case la loro vita, dopo equa distribuzione tra i più bisognosi. Ancora una volta non c’è livore antisemita, ma una surreale procedura burocratica e la precisione della sua millimetrica esecuzione.
I 45 catturati in bergamasca sono donne (22) e uomini (19), bambine e bambini (4, tra i 3 e i 15 anni). Bergamo non funziona per nessuno come luogo di partenza per i lager d’oltralpe: i catturati sono prima inviati o a San Vittore, o a Fossoli o a Bolzano. Per la maggioranza la meta è Auschwitz, solo per Kosicek Leopolda è Bergen Belsen.