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L’uso dei gas

Cartolina propagandistica

La guerra d’Etiopia è stata la più grande guerra coloniale di sempre per numero di uomini, copia e modernità di mezzi, rapidità di approntamento. Un ruolo importante vi ha assunto l’aeronautica, soprattutto quando dalla fine di dicembre 1935 la resistenza abissina riesce ad organizzarsi e a contrattaccare sulle due direttrici italiane di penetrazione: da allora per settimane e settimane 120 aerei, per due quinti bombardieri Caproni, furono “impiegati a fondo sui campi di battaglia, sulle posizioni e sulle retrovie abissine, quasi sempre a bassa quota per vedere e colpire meglio, con mitragliamenti e lancio di bombe in quantità per l’epoca notevolissime” (G. Rochat). Gli aerei non sono usati solo per la ricognizione, ma anche in appoggio all’avanzata delle truppe a terra, proteggendole e avvertendole di possibili imboscate, per inseguire il nemico nelle ritirate e per sganciare l’iprite.

Con la Prima guerra mondiale i gas erano diventati il simbolo dell’orrore della guerra moderna e benché il loro impiego fosse bandito da un trattato internazionale del 1925, sottoscritto via via da più Stati (l’Italia nel 1928), tutti i maggiori eserciti continuarono a considerare i gas come un’arma di impiego possibile.

Nei preparativi per l’aggressione all’Etiopia, il servizio chimico dell’esercito italiano prepara una varietà di gas il cui uso era stato per altro preconizzato nei discorsi di Mussolini e dei generali e ministri. Viene addirittura predisposta anche una difesa in vista dell’impiego del gas da parte abissina.

Se i dubbi sull’efficacia dell’uso dei vari gas ne limitano l’uso effettivo, bisogna fare un discorso diverso per l’iprite, una sostanza oleosa altamente corrosiva con una duplice azione: se nebulizzata è letale per chi la respira, altrimenti agisce più lentamente, penetrando nei corpi e provocando ampie lacerazioni e morte. L’iprite è usata in maniera massiccia dall’aviazione che l’impiega con le bombe C.500.T, che ne contengono 220 kg l’una.

Il 3 aprile, nella regione di Gaia inizia l’assedio della grande grotta di Zeret dove si sono rifugiati al fianco di uomini in armi un numero importante di bambini, donne, feriti e vecchi. Non riuscendo a espugnare la grotta, gli italiani ci gettano alcuni bidoncini di iprite, in modo da costringere i sopravvissuti ad uscire. Fuori dalla grotta a gruppi di cinquanta vengono fucilati gli uomini, mentre sulle donne e i bambini si manifestano i segni dell’iprite.

A comandare e coordinare l’azione un bergamasco: Gennaro Sora. Ufficiale della Prima guerra mondiale, comandante della spedizione di soccorso a Umberto Nobile al Polo Nord, fu inviato in Etiopia il 2 marzo 1937 e prese il comando prima del battaglione Amba Uork e poi del XX Battaglione coloniale. Ed è proprio a capo degli uomini di questo battaglione che si rese responsabile dell’eccidio di Zeret.

Dopo la fine della guerra, l’uso dell’iprite in Africa è stato oggetto di un’ostinata rimozione collettiva e solo a partire dagli anni Sessanta, grazie alla tenacia di Angelo Del Boca, si è cominciato a rompere il silenzio su quell’uso.

Nel 2006 per la prima volta Matteo Dominioni (storico) e Yonatan Sahle (archeologo) individuano la grotta di Zeret. Il rilievo archeologico realizzato da Sahle con altri due colleghi rappresenta lo sforzo per far emergere l’inconscio coloniale, opponendo le tracce dei massacri alla superficie netta dei monumenti fascisti.

La storia di Zeret oggi è conosciuta, ma attende di diventare appieno  memoria collettiva.

 

 

Cartolina propagandistica
Cartolina propagandistica
Fotografia della grotta di Zeret, tratte da Alfredo Gonzalez- Ruibal, Yonatan Sahle, Xurxo Ayan Vila, A social Archaeology of colonial War in Ethiopia, in “World Archeology”, vol 43, n. 1, marzo 2011
Fotografia della grotta di Zeret, tratte da Alfredo Gonzalez- Ruibal, Yonatan Sahle, Xurxo Ayan Vila, A social Archaeology of colonial War in Ethiopia, in “World Archeology”, vol 43, n. 1, marzo 2011
Carta della grotta di Zeret, tratte da Alfredo Gonzalez- Ruibal, Yonatan Sahle, Xurxo Ayan Vila, A social Archaeology of colonial War in Ethiopia, in “World Archeology”, vol 43, n. 1, marzo 2011
Carta della grotta di Zeret, tratte da Alfredo Gonzalez- Ruibal, Yonatan Sahle, Xurxo Ayan Vila, A social Archaeology of colonial War in Ethiopia, in “World Archeology”, vol 43, n. 1, marzo 2011