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Una donna straniera

Rachele Stern Mänas e le sue figlie, per gentile concessione di Ebbo Steiner

Le vicende della Shoah mettono a confronto con storie individuali di stranieri che avevano cercato rifugio nel nostro territorio e sono stati traditi.

Rachele Lea Stern è nata in Polonia, a Tarnopol, l’11 settembre 1889. Suo marito è Simon Mänas, nato a Galtz (Romania) cinque anni prima di lei, e Vienna è la loro città d’adozione.

Dalla metà dell’Ottocento Vienna era diventata il centro di una fiorente comunità ebraica, che con la Costituzione del 1867, dopo anni di discriminazioni e violenze, si vede riconosciuto pieno diritto di cittadinanza e libertà religiosa. Il marito di Rachele è borsettaio e se non sappiamo nulla della loro vita a Vienna, il clima in città è quello descritto da Stefan Zweig: “è la loro nostalgia di patria, di pace, di riposo, di sicurezza che li spinge ad unirsi con passione alla civiltà da cui sono circondati. In nessun luogo forse […] tale alleanza fu così felice e feconda come in Austria”.

È qui, nel cuore di questa Europa, che Rachele diventa mamma di cinque figlie: Charlotte (25 maggio 1910), Stella (10 settembre 1912), Karoline, Blanka (3 aprile 1916) e Cecilia (11 luglio 1923). Il clima è però cambiato: in una Vienna stremata dalla Prima guerra mondiale, il razzismo si riaccende e l’antisemitismo inquina il discorso politico e conquista larga parte della popolazione.  Nel 1938 l’occupazione nazista dell’Austria rende i Mänas cittadini tedeschi e in quanto tali dal 20 maggio sono perseguitati sulla base delle leggi razziste vigenti nel Reich. Rachele è diventata nonna di Nenry, figlio di Blanka, nato il 15 maggio. La famiglia decide di espatriare: Stella insieme al marito fugge in Uruguay, gli altri cercano una strada che li conduca lontano. 

Charlotte vive in Italia già dall’inizio degli anni Trenta: è un’artista di varietà, lavora per diverse compagnie e ne ha persino fondata una sua. Vive a Milano, dove ha amici e conoscenze che contano. Ed è qui che giungono Blanka con la famiglia e Rachele, entrata dal Tarvisio con il marito e Cecilia grazie a un visto di transito per un mese nell’ottobre 1938. Le Leggi per la difesa della razza stanno entrando in vigore: gli ebrei stranieri sono le prime vittime e la loro vita con l’entrata in guerra dell’Italia si farà ancora più difficile.

Nel giugno 1940 il marito e il genero di Rachele sono internati a Civitella della Chiana, mentre le donne restano a Milano. Nel dicembre 1941 Blanka e la sua famiglia riescono a ottenere un visto per gli USA. Il marito di Rachele soffre di cuore ed è lei allora a chiedere di raggiungerlo: Simon dopo un brevissimo soggiorno a Ferramonti, si ricongiunge a Agropoli con Rachele e Cecilia, tutti internati con sussidio perché ormai indigenti. Trasferiti a Polla (Sa), sono raggiunti anche da Charlotte. Qui la famiglia riesce a tessere “numerose amicizie”, come non mancherà di segnalare il Podestà, e grazie alle premure di Leopoldo Zurlo (responsabile dell’Ufficio censura teatrale) ottiene nel febbraio 1942 un trasferimento a Treviglio: forse tappa per una possibile fuga in Svizzera, certo l’ultima residenza di Rachele prima di essere assassinata ad Auschwitz.

Non è facile ricostruire il percorso esatto di una donna straniera che ha cercato rifugio nel nostro paese, che l’ha però tradita. E come spesso capita, sono le cose che restano i testimoni silenti di destini individuali spezzati dalla violenza politica. 

Nel febbraio 1944 la Cristalleria Murano di Milano chiede al capo della Provincia di Bergamo di essere autorizzata a togliere i sigilli dall’appartamento a Treviglio in via Calvenzano 24, preso in affitto da Simon Mänas, per sistemarvi un proprio funzionario sfollato. Il 7 marzo 1944 i vigili procedono all’imballaggio delle proprietà della famiglia Mänas sistemandole in sei colli.

Non conosciamo i rapporti di Rachele con i trevigliesi, né i suoi pensieri all’annuncio dell’armistizio o all’ingresso dei tedeschi a Bergamo il 10 settembre 1943. Sappiamo però che con l’ordinanza del Ministero dell’Interno della Rsi del 30 novembre 1943 scatta la caccia agli ebrei: Rachele e il marito sono arrestati a dicembre.

Dopo l’arresto è probabile che Rachele e il marito siano trattenuti alle carceri di Treviglio perché qui il 30 gennaio 1944 risulta deceduto per emorragia cerebrale Simon, lì rinchiuso in attesa di essere inviato in campo di concentramento.

Non abbiamo una data certa dell’arrivo di Rachele a Fossoli, ma è sicuramente ormai lontana da Treviglio quando, il 20 maggio 1944, il capo della Provincia di Bergamo decreta la confisca dei beni presenti nell’appartamento di via Calvenzano e il loro trasferimento all’Egeli. Il nome Mänas Rachele figura infatti nella transportliste di Fossoli per Auschwitz del 16 maggio 1944, anche se le liste d’immatricolazione di Auschwitz portano registrato il nome Stern Rachele al n. 75694 del 26 febbraio 1944, tra i nomi dei deportati il 22 da Fossoli.  Un’incertezza forse indissolubile, eco della violenza che ha spezzato la vita di Rachele.

La storia di Rachele è stata ricostruita in occasione dell’arrivo a Bergamo della mostra Frida e le altre realizzata dalla Fondazione Fossoli.

Rachele Stern Mänas e le sue figlie, per gentile concessione di Ebbo Steiner
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Verbale di sequestro degli oggetti della famiglia Mänas, per gentile concessione dell’Archivio di Stato
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Inventario dei beni sequestrati, per gentile concessione dell’Archivio di Stato
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La figlia Lotte, attrice famosa nell’Italia degli anni Trenta
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