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Una famiglia nata dall’intreccio culturale

Marcella Conti, per gentile concessione della famiglia Melli

Marcella Conti e Renato Melli arrivano a Bergamo all’inizio degli anni Venti: lei è nata a Milano e lui, nato a Ferrara il 12 dicembre 1889, è titolare di un’industria lattiero-casearia di cui compare con frequenza sull’“Eco di Bergamo” la pubblicità: “Latte intero, genuino – Latteria Melli Renato, via F. M. Colleoni 9, tel. 45-10 – Massima garanzia, alta percentuale di grassi, lunga conservazione.”

Marcella e Renato hanno quattro figli: Gianna, nata nel 1922, Maria Teresa, nel 1924, Walter nel 1926 e Elda nel 1935. Il loro è un matrimonio di quelli che testimonia l’integrazione della comunità ebraica nella vita del Paese: è un matrimonio stretto su quel patto di uguale cittadinanza che dall’Unità d’Italia rende possibile l’unione tra due persone di tradizione, cultura e religione diverse e che l’Italia fascista e razzista definirà “misto”.

La famiglia è benestante: l’azienda ha due sedi, una a Bergamo e una a Martinengo, una quindicina di dipendenti e macchinari moderni e riesce anche a vincere l’appalto per la fornitura all’Ospedale. Oltre all’azienda, i Melli hanno una discreta proprietà immobiliare.

Insieme ai suoi figli, Renato risulta registrato nel censimento dell’agosto 1938;  sulla base del RDL del 17 novembre 1938 i piccoli Melli sono depennati dall’elenco in cui è registrato solo Renato, cittadino che sarà da quel momento privato dei suoi diritti civili, tra cui anche la patria potestà.

Ma la famiglia Melli è una famiglia unita e la madre una donna coraggiosa: in base al RDL del 17 novembre, Renato non può più essere proprietario della sua azienda e dei suoi beni. Dopo avere inutilmente tentato la strada della “discriminazione”, Renato, in base al RDL del 9 febbraio 1939, cede allora le sue proprietà alla moglie. L’Unione fascista degli Agricoltori trama però per assorbire l’azienda: i Melli chiedono aiuto a una ditta amica, la Galbani di Melzo, ed escogitano una cessione puramente nominale. Inizia allora una serie di pressioni su Marcella Conti e Renato Melli da parte del federale, del questore, del prefetto che attraverso decreti e minacce personali cercano di confiscare l’azienda a beneficio di alcuni esponenti fascisti locali.

Dopo l’8 settembre il Melli ripara in Svizzera; la moglie, rimasta sola con i figli, continua a subire pressioni messe in atto per privarla anche del ridottissimo commercio di latte al dettaglio che le era stato concesso. Dopo il DL della Rsi del 4 gennaio 1944 riguardante l’esproprio dei beni ebraici, su segnalazione delle banche e dell’intendente di Finanza, il capo della Provincia emette il provvedimento di confisca dei beni di Renato già donati alla moglie. La reazione della moglie è immediata. È allora che Marcella è costretta a proteggersi anche da chi le chiede tangenti per sveltire la pratica di annullamento del provvedimento di confisca. La signora Melli non cede e denuncia prontamente questo episodio di concussione, ma le autorità della Rsi insistono fino al marzo 1945 nel cercare di sottrarle i beni e dichiarare nulla la donazione a suo favore fatta dal marito nel 1939.

Il DL n. 2988 del 30 aprile 1945, considerata “la cessazione della tirannide nazifascista e delle leggi razziali”, dovrebbe mettere fine ai soprusi e reintegrare di tutti i loro beni i cittadini definiti ebrei dall’Italia fascista. Non sarà così per i Melli, come del resto per molti altri: le proprietà furono loro restituite, ma non l’azienda.

Marcella Conti, per gentile concessione della famiglia Melli
Marcella Conti, per gentile concessione della famiglia Melli
Renato Melli, per gentile concessione della famiglia Melli
Renato Melli, per gentile concessione della famiglia Melli
Denuncia della ditta di Renato Melli per gentile concessione dell’Archivio di Stato