Le difficilissime condizioni di vita dettate dalla guerra, aggravate dalla malagestione delle autorità locali spesso attente più al benessere di pochi se non addirittura corrotte, suscita una rabbia diffusa che spesso esplode in episodi in cui le rivendicazioni concrete per i generi di prima necessità diventano veri e propri atti di sfida al potere nazifascista.
I Gruppi di Difesa della Donna permettono alle informazioni di circolare tra le donne, garantiscono la rete e la crescita di una consapevolezza politica. Non sempre le proteste che esplodono a macchia di leopardo in bergamasca sono rivendicate dai Gruppi di Difesa della Donna, ma è chiaro che anche in bergamasca le donne stanno cercando di costruire una rete.
Nel novembre 1944, i Gruppi di Difesa della Donna provano a mobilitarsi in massa rivendicando i propri morti come era successo il 4 novembre 1943: “Abbiamo riprodotto a stampa 10.000 manifestini per incitare anche le donne di B. [Bergamo] a portare fiori sulle tombe dei Caduti per la Libertà. Due settimane prima si è iniziata la propaganda perché il maggior numero possibile di donne partecipasse alla manifestazione e a vigilia del 1° novembre si è iniziata la diffusione dei manifesti nelle scuole (Ist. Magistrale, Commerciale) e nelle fabbriche (Sace, Magrini, Tipografia e Legatoria, Cartiere Pigna, Filatoio di Alzano, Cotonificio di Nese). La sera quattro squadre di ragazze li hanno diffusi in locali pubblici, in cassette private, nei portoni, nelle finestre di ogni rione della città e nei comuni di Stezzano e ed Alzano.” La manifestazione riesce, anche se le organizzatrici non mancano di segnalare le difficoltà nella macchina dell’organizzazione e nella cura dei particolari.
Se dobbiamo premettere che è difficile ricostruire oggi con sufficiente esattezza uno ad uno i diversi casi di protesta organizzati dalle donne, è interessante notare che dalle notizie raccolte possiamo sottolineare l’intreccio tra dimensione concreta del vivere e cura dell’immaginario.
La tesi di laurea di Simona Cantoni sulla Resistenza delle donne a Bergamo ha provato a fare una sintesi degli episodi affidandosi alle poche relazioni disponibili dei Gruppi di Difesa della Donna di Bergamo, ai rapporti informativi e ai notiziari della Federazione di Bergamo del Partito comunista che regolarmente danno notizia delle mobilitazioni delle donne nelle fabbriche.
Se ne emerge un attivismo particolare delle donne della cartiera Pigna di Alzano, altrettanto evidente è che le donne in bergamasca si muovono sia rispondendo alle sollecitazioni che arrivano dal centro dell’organizzazione della Resistenza, sia autonomamente. Danno eco nelle loro fabbriche ai grandi scioperi del marzo 1944, come succede in occasione dello sciopero della Dalmine del 17 marzo; fanno pressione perché ci siano distribuzioni aggiuntive di generi alimentari; scendono nelle piazze, davanti ai palazzi del comune, protestando nei confronti di commissari prefettizi e podestà. La loro azione nella concretezza della vita è consapevole del lungo filo della lotta dei diritti delle donne che il fascismo ha voluto cancellare. Esempio esplicito l’8 marzo 1945, ad Alzano: nel giorno della Giornata della donna, data del calendario civile cancellata dal fascismo, operaie e casalinghe unite organizzano una “grande manifestazione”, con due fabbriche coinvolte, davanti al Municipio, dove il commissario prefettizio promette “oli e burro per la settimana entrante”.