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Crescere tra volantini clandestini

Lidia Minardi

Conosciutisi alla fine della Prima guerra mondiale Luigi Minardi, milanese, e Teresa Basso, vicentina, si sposano nel 1926 e a Milano nascono i loro due figli. È il periodo della promulgazione delle leggi fascistissime, quelle leggi attraverso cui il fascismo porta l’Italia a diventare una dittatura:  Lidia nasce nel 1927 e Roberto nel 1928.  La loro casa di Milano è piccola e Lidia, che è la più gracilina della famiglia, dorme sull’ottomana del soggiorno dove il padre, militante comunista dal 1921, di notte stampa materiale clandestino.

Nel 1940 la famiglia Minardi si trasferisce a Bergamo, poiché il padre è diventato prototipografo della tipografia Cattaneo, e prende casa in via Cappuccini 17.  Lidia ha 13 anni: i suoi genitori, che alla sua età già lavoravano, decidono per lei una vita diversa, sostenendola nella scelta d’iscriversi al biennio per computisti commerciali. È da qui che nasce l’amore di Lidia per i numeri e l’ordine dei conti che tornano.

Nel 1943 anche Lidia è assunta dalla tipografia Cattaneo come impiegata e con il padre torna ogni giorno a casa dal lavoro chiacchierando. Una sera del dicembre 1943 il padre le confida: “Lidia, il cerchio si sta stringendo!”. La Resistenza si è messa in moto e le reti del partito comunista sono essenziali. Lidia non è militante attiva, ma è consapevole dell’attività antifascista del padre, dei volantini nascosti in fondo alla borsa della mamma e ha la sensibilità per cogliere nelle parole dell’insegnante tedesco della scuola di lingua che frequenta una tonalità dissonante: “io non posso andare a casa perché non ho patria” recita un ritornello suggerito per imparare una regola di grammatica. Proprio in quella lotta per dare un significato alla parola “patria” liberandola dall’aggettivo “fascista”, Lidia diventa donna imparando a far fronte alla paura e ad assumersi responsabilità, esercitando la propria libertà di pensiero e la propria dignità nei gesti quotidiani.

Il 15 gennaio 1944 il padre è arrestato in tipografia, anche Lidia e la mamma sono arrestate e portate in carcere. Rilasciate dopo qualche giorno, Lidia e sua madre non si stancano di richiedere alle autorità tedesche notizie sulla sorte del padre, presentandosi tutte le mattine alla sede delle SS. 

Dal 19 aprile 1944, Luigi è ormai lontano da Bergamo: dopo essere passato a San Vittore è trasferito a Fossoli dove riesce a rimettere in funzione un’enorme Linotype che i tedeschi non riuscivano a far funzionare. Dopo il trasferimento del campo a Bolzano, se Luigi sfugge all’invio oltralpe è grazie al suo lavoro, ma è grazie alla caparbietà di Lidia e della moglie se ritrova la libertà nel febbraio 1945: stanco di vedere Lidia davanti alla villa, o intuendo la fine prossima della guerra, Langer consegna una lettera di scarcerazione di Luigi, che può tornare a Bergamo dove riprende la sua militanza.

Dopo la guerra, Luigi e Lidia tornano a lavorare alla tipografia Cattaneo: la militanza comunista è diventata anche dei figli e la fiducia nella costruzione di un paese più giusto si esprime nelle scelte quotidiane. Il padre non parla molto della guerra, ma organizza viaggi a Fossoli dove al ricordo si mescola il piacere di ritrovarsi con i compagni emiliani.

Nel 1955, quando Lidia vuole sposarsi, la tipografia Cattaneo le prospetta il licenziamento. È allora che, sostenuta dalla famiglia, decide di convivere con Luigi Marchi. Accetterà di essere licenziata solo nel 1960 per il desiderio di avere un figlio, intraprendendo una battaglia legale che servirà ad altre donne.

La lunga e ricca vita di Lidia non è si è ancora conclusa.

 

Lidia Minardi
Lidia Minardi, giovane donna, nel dopoguerra interviene molte volte pubblicamente in occasione dell’8 marzo
I genitori di Lidia dopo la guerra in un viaggio a Fossoli