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Disarticolare i riti della propaganda

Notifica da parte del Preside del licenziamento di Beatrice Marchettini, rifiutatasi di giurare fedeltà alla Rsi, con provvedimento del Provveditore agli studi di Bergamo del 5 luglio 1944

A partire dal 1929 la scuola diventa uno dei terreni privilegiati della politica di fascistizzazione della società italiana intrapresa dal regime. Il ministero della Pubblica Istruzione cambia nome e diventa Ministero dell’Educazione Nazionale e viene imposto il giuramento di fedeltà ai maestri elementari, poi agli insegnanti della scuola secondaria e nel 1931, su proposta di Giovanni Gentile, anche ai professori universitari. Caduto il fascismo, durante la parentesi del governo badogliano  il Ministero dell’Educazione Nazionale, che significativamente non cambiò nome nonostante il significato  assunto nell’ambito dello stato totalitario, venne affidato a Leonardo Severi che riassume nella sua azione le contraddizioni del governo dei quarantacinque giorni: da un lato elementi di rottura, con l’attuazione di riforme in nome di un nuovo corso che guarda ai principi di libertà con l’eliminazione di alcune delle misure di controllo politico della scuola (per esempio la soppressione della Gioventù italiana del Littorio che, tuttavia, non avrà seguito concreto); dall’altro la mancata eliminazione di alcuni degli aspetti più odiosi della scuola fascista, si pensi soprattutto alle leggi razziali, questione questa che investe l’intero governo Badoglio. Dopo le vicende dell’8 settembre con l’occupazione tedesca e la divisione dell’Italia in due, si ha la prosecuzione della monarchia e del governo Badoglio a sud sotto controllo degli alleati e la costituzione della Repubblica sociale nel centro-nord con il Ministero dell’Educazione Nazionale dislocato a Padova e affidato a Carlo Alberto Biggini. Mentre a  sud  si procedeva all’abrogazione delle norme emanate per la difesa della razza nelle scuole e nelle università e dal 25 maggio 1944 si tornava alla vecchia dicitura di Ministero della Pubblica Istruzione,  nella Repubblica sociale si marcava la continuità con il ventennio  riproponendo il giuramento di fedeltà allo stato – con una formula aggiornata ai tempi e quindi depurata di ogni riferimento alla monarchia – per tutti i funzionari statali e a partire dal marzo 1944 richiesto anche al personale scolastico amministrativo e docente di ruolo. A Bergamo, per quanto è possibile ricostruire, sono numerosi gli e le insegnanti che, accogliendo l’appello degli studenti Ai nostri professori, rifiutano il giuramento; in alcune scuole in numero consistente, come ad esempio all’Istituto magistrale e al Liceo Sarpi, ma defezioni si registrano anche al Liceo Lussana, all’Esperia, all’Istituto tecnico commerciale. In una nota a p. 29 in Umili e frammentarie pagine della Resistenza a Bergamo (Stamperia Conti, Bergamo 1952)  Emma Coggiola, allora insegnante incaricata presso il Regio Istituto Tecnico “Vittorio Emanuele” scrive: “Compresi i Preside e i Segretari la percentuale dei non giurati fu nelle scuole Medie di Bergamo di 49 su 136 che col loro contegno salvarono la situazione anche del corpo insegnante delle altre città., dove non si osò ripetere l’esperimento nel timore probabilmente di una sconfitta peggiore. Pare che Bergamo sia stata la prima o una delle prime città in cui si è tentata l’insolente prova.”  Per i presidi e i segretari ribelli si procede al licenziamento d’ufficio, non sarà così per gli insegnanti perché l’alta adesione impedisce di prendere i drastici provvedimenti di espulsione,  pena la paralisi degli istituti scolastici. In città  sono oggetto di ritorsione il Preside del Liceo Sarpi prof. Etzel Volpe Rinonapoli e Beatrice Marchettini segretaria del Ginnasio inferiore che, il 14 luglio 1944, riceve notifica del licenziamento da parte del Provveditorato. Tra i docenti ribelli ci sono molte donne, in quanto per le diplomate e le laureate l’insegnamento è lo sbocco lavorativo socialmente più accettato. L’opposizione dei e delle docenti al fascismo, rimasta a lungo silente, trova nel rifiuto a giurare una forma di espressione pubblica del dissenso e si salda con le manifestazioni antifasciste degli studenti. Era giunto il tempo, come scrive Emma Coggiola, di un impegno più deciso, serio e maturo, che per alcune e alcuni insegnanti o studentesse e studenti significherà entrare nella Resistenza civile o armata. Nel dopoguerra Il giuramento di fedeltà, questa volta alla Repubblica nata dalla Costituzione, ritornerà per i dipendenti pubblici e per gli insegnanti resterà in vigore fino al 1981.

Notifica da parte del Preside del licenziamento di Beatrice Marchettini, rifiutatasi di giurare fedeltà alla Rsi, con provvedimento del Provveditore agli studi di Bergamo del 5 luglio 1944
Volantino clandestino firmato “Il ribelle” in cui gli studenti rivolgono un accorato appello ai loro professori perché si rifiutino di giurare
Esempio di modulo del giuramento alla Rsi utilizzato al Liceo Lussana il 20 marzo 1944
Estratto dall’intervista di Simona Cantoni a Bice Marchettini, Bergamo 24 giugno 1998