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Dissimulare: segni quotidiani di condivisione

Da sinistra Rosanna e Elisabetta Bonomi, nipoti di Betty Ambiveri

La notte del 24 novembre 1943, irrompono nella villa della famiglia Ambiveri, a Seriate, una trentina fra tedeschi e fascisti. Quella notte in casa dormivano Betty Ambiveri e i suoi familiari, fra cui le nipotine Rosanna ed Elisabetta, ed altre persone ospitate perché sfollate o rifugiate. Tedeschi e fascisti si mettono alla ricerca di armi che presumevano nascoste nella villa e, non avendole trovate, trasferiscono Betty Ambiveri, la domestica Mariola e il giardiniere Angelo Locatelli al collegio Baroni, sede della Feldgendarmerie tedesca.

Nobildonna seriatese e crocerossina in tempo di guerra, Betty è con Giacinto e Enzo Gambirasio, don Vismara e altri tra gli organizzatori della banda Decò-Canetta, uno dei gruppi connotati in senso più marcatamente cattolico. Al collegio Baroni sono più volte interrogati e Angelo Locatelli è, a varie riprese, sottoposto a tortura, finché Betty confessa il nascondiglio delle armi per risparmiare ad Angelo agli interrogatori.

A metà dicembre sono trasferiti al carcere di Sant’Agata di Bergamo: Betty è condannata dal Tribunale militare germanico e trasferita in Germania a Aichach.

Per tutto il periodo della detenzione a Sant’Agata, i gesti semplici e quotidiani delle nipoti testimoniano di un legame che non si rompe e di una credibilità che la giustizia nazifascista ha messo in discussione condannando la zia come fuorilegge.

Riuscire a salutare le detenute passeggiando come nulla fosse nel giardino del ristorante il Giardinetto, inviare un fiore, una lettera d’affetto sono gesti che dissimulano sotto l’apparente normalità la condivisione della lotta e fanno sentire meno soli, meno esclusi dalla collettività i condannati dalla violenza nazifascista.

Così scrive Betty Ambiveri pensando alle nipoti: “quando leggo la corrispondenza e soprattutto quella per direttissima passo momenti di grande commozione ma intendiamoci commozione non tristezza anzi gioia grandissima. Ho trovato il modo di salutare le bambine attraverso una grata. Alle quattro e mezza di venerdì vengano nel gioco delle bocce del ristorante Giardinetto, io salirò sul parapetto del finestrone che è in fondo al corridoio e vi saluterò in silenzio perché non se ne accorgano le donne chiuse in cella”.
Il 25 febbraio 1944,  anche Elisabetta e Rosanna insieme alla loro mamma sono portate a Sant’Agata. Benché non vi rimangano che qualche giorno saranno tra le più giovani detenute del periodo per motivi politici.

Da sinistra Rosanna e Elisabetta Bonomi, nipoti di Betty Ambiveri
Betty Ambiveri con la nipote Elisabetta Bonomi