scheda completa

Fascismo e vita delle donne

a1_a_segnaposto

L’evoluzione del fascismo non soltanto porta il nostro paese a diventare una dittatura (1928), ma, limitando la sfera dei diritti individuali e tendendo a imporre comportamenti e modi di pensiero omologati, inevitabilmente azzera qualsiasi spinta all’emancipazione delle donne. Certo, la prima guerra mondiale aveva mobilitato le donne e molte speranze, ma gli eventi storici dimostrarono che in quel protagonismo femminile si rispecchiava più il peso della guerra sempre imposto alle categorie più deboli che un impulso emancipatore, nei fatti velocemente riassorbito all’interno di una società pronta ad assumere l’immagine reazionaria della donna proposta dal fascismo.

Con la costituzione del Partito nazionale fascista sono sciolti i Fasci femminili più politicizzati e portatori di istanze emancipatrici ereditate dalle esperienze della prima guerra mondiale, mentre per quelli rimasti si stabilisce per statuto che debbano non più occuparsi di politica, ma limitarsi a fare propaganda e opere caritative.

Nel 1925 i Fasci sono rifondati con compiti quali l’educazione fisica per prevenire il decadimento della razza, la ricostruzione della famiglia e le opere assistenziali. A loro si affida l’organizzazione dei gruppi delle Giovani italiane che, dopo la  scuola, ricevono insegnamenti di economia domestica, puericultura, giardinaggio e danza ritmica. Nel 1934 i Fasci sono mobilitati nella campagna che promuove le sezioni speciali delle Massaie rurali. Con l’entrata in guerra nel 1940, e poi con la RSI, sull’immagine della cittadina militante si innesta quella del soldato senz’armi, che culmina nel 1944 con l’istituzione del Servizio ausiliario femminile.

Durante tutto il Ventennio le leggi sul lavoro limitano quello femminile sia riguardo ai salari che agli ambiti; le leggi per la difesa della razza subordinano la salute della madre a quella dei figli e relegano la donna a una pura funzione biologica; quelle sull’istruzione rendono alle donne difficile l’accesso agli studi. Dal 1931, del resto, la riforma del codice penale (Codice Rocco) sanciva e ribadiva l’inferiorità e la sudditanza della donna.

a1_a_segnaposto
Allieve impegnate nei corsi della scuola di economia domestica dalla “Rivista di Bergamo”, 1932
Autorità in visita alla scuola di economia domestica di Bergamo dalla “Rivista di Bergamo”, 1932
Un famiglia premiata per la prole numerosa dalla “Rivista di Bergamo”, 1932
"Santa maternità e difesa dell’infanzia", disegno di Antonio Locatelli dalla “Rivista di Bergamo”, 1934