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Le donne antifasciste: storia di una professoressa

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La repressione e la regressione ideologica e giuridica che il fascismo al potere esercita nei confronti delle donne le limita tanto nella dimensione lavorativa, negando loro l’accesso a determinate professioni e riducendo ulteriormente il costo del loro lavoro, che nella dimensione culturale, rendendo più difficile il loro accesso alle scuole e incentrando la loro formazione sull’economia domestica.

Eppure sono proprio alcune donne che, conquistate le cattedre nelle aule scolastiche, sapranno incidere sulla formazione delle giovani generazioni, come Ada Rossi, professoressa di matematica al Regio Istituto Tecnico commerciale Vittorio Emanuele II di Bergamo.

Ada nasce nel 1899 a Baganzola in provincia di Parma, prima dei quattro figli di Carlo Rossi, ufficiale in carriera dell’esercito, e di Concetta Montanari, donna colta e libera della borghesia parmense. Nel 1912, dopo l’improvvisa morte per tifo del padre a cui era legatissima, Ada viene iscritta  con le sorelle al Collegio per figlie di ufficiali “Villa Regina” di Torino,  da cui uscirà diplomata maestra nel 1917. Si riunisce alla famiglia a Genova, dove la madre si era risposata con Giacomo Morandi. Alla fine della guerra la famiglia si trasferisce a Bergamo dove Morandi prende servizio come direttore della locale sede della Banca d’Italia. Ada prosegue gli studi, si iscrive all’ultimo anno dell’Istituto tecnico, supera l’anno integrativo e si iscrive alla Facoltà di Matematica e fisica all’università di Pavia. Laureatasi nel 1924, l’anno del delitto Matteotti e della fine di ogni residua libertà, Ada matura da subito uno spontaneo antifascismo frutto dell’educazione ai valori della libertà e dell’uguaglianza ricevuta dalla madre e dell’avversione verso la violenza fascista di cui era stata in prima persona testimone. Spinta dalla ricerca dell’indipendenza anche economica, prepara i concorsi per l’insegnamento e nel 1928 ottiene l’incarico di docente di matematica all’Istituto tecnico commerciale di Bergamo, dove conosce Ernesto Rossi, professore di discipline economiche e giuridiche. Tra loro nasce subito una forte amicizia, che diventerà ben presto amore, cementata dal comune antifascismo e dalla comune militanza attiva nelle fila di Giustizia e Libertà. Dopo l’arresto di Ernesto, avvenuto a scuola il 30 ottobre 1930, e la sua condanna a vent’anni di confino, Ada convince il compagno, nonostante la situazione, a realizzare i loro progetti di vita in comune e i due si sposano nel carcere di Pallanza (No) il 24 ottobre 1931: un modo forse per sentirsi vicini, nonostante la separazione fisica cui li costringeva il Tribunale speciale fascista, ma anche un atto in un certo senso “politico”. Proprio questo aspetto non sfugge alla questura di Bergamo che la scheda, la pone sotto controllo e apre un fascicolo a suo nome nel Casellario politico centrale al Ministero degli Interni. Ada perde la cattedra e non può più lavorare nelle scuole statali e per mantenersi e sostenere economicamente Ernesto comincia a dare lezioni private nella sua casa in via Mazzini, diventata via Garibaldi dopo il 1936. Alle studentesse e agli studenti che frequentano la sua casa non darà però solo lezioni di matematica: alcuni di questi ragazzi, per esempio i fratelli Bruno e Mimma Quarti, Bepi Signorelli e Popi Taino, attraverso la Rossi maturano la loro coscienza politica collaborando poi attivamente alla Resistenza.

L’attività di Ada è interrotta nel novembre 1942, con l’arresto “per rifiuto reiterato di ottemperare all’ordine perentorio, accompagnato da minacce, di recarsi alla Casa del fascio” e con l’immediata assegnazione al confino in provincia di Avellino. Terminata la pena  nel luglio 1943, può finalmente far ritorno a Bergamo e ricongiungersi ad Ernesto a sua volta liberato dopo la caduta del fascismo il 25 luglio. In seguito, lo segue nell’esilio in Svizzera da cui rientrano vivendo a Milano i giorni dell’insurrezione. Anche nel dopoguerra prosegue il suo impegno politico collaborando con Ernesto e, alla morte del marito nel 1967, continuando a  militare per il Partito radicale. Muore a Roma in una Casa di cura  nel 1993.

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Foto segnaletica di Ada Rossi risalente agli anni Trenta, per gentile concessione dell’Archivio di stato di Bergamo
Rapporto su Ada Rossi del capitano dei carabinieri Francesco Mosca indirizzato alla questura di Bergamo, 31 ottobre 1931, per gentile concessione dell’Archivio di stato di Bergamo
Ada e Ernesto Rossi nella casa di Rue Chantepoulet a Ginevra in cui si trasferiscono il primo marzo del 1944 durante l’esilio in Svizzera. Riproduzione da Antonella Braga-Rodolfo Vittori, "Ada Rossi", Unicopli, Milano 2017, p. 119
Estratto da Intervista di Angelo Bendotti e Giuliana Bertacchi a Cornelia “Mimma” Quarti, Bergamo 24 luglio 1978