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Per il proprio presente

Mimma Quarti

“Un punto gonfio di vuoto” è la metafora usata da Natalia Ginzburg a indicare l’Italia fascista e quel sentimento, provato da molte e molti, di vivere in un paese bloccato, fuori dal corso della storia, ipocrita nella sua adesione a una propaganda di regime lontana dalla reale esperienza delle persone e in cui la dimensione dell’interesse e/o della sopravvivenza individuale hanno svuotato di significato ogni sfera e ritualità collettiva. “Il fascismo aveva operato su di noi, come in quasi tutti gli italiani, estraniandoci e facendoci diventare superficiali, passivi e cinici” sintetizza Primo Levi. Ed è da questo sentimento che si dovrà ripartire per misurare l’impatto dell’8 settembre 1943, anche nell’esperienza femminile, senza mitizzare il tema della scelta per la Resistenza, ma facendo i conti con la necessità e la volontà di fare qualcosa, di ridare significato alle azioni, alle parole, ai rapporti dentro la propria vita, rischiando in prima persona nelle contingenze imposte dalla guerra. Una guerra che entra nelle case diventa anche civile e non lascia spazi di riparo; ha la sua logica, la sua violenza, la sua cogente realtà.

Dall’interno delle abitudini familiari, delle dimensioni considerate per antonomasia femminili, le donne cominciano allora a mettere in discussione e a sovvertire per istinto i ruoli femminili, a sperimentare modi diversi di vivere e di interagire con gli altri e con la storia. In questo modo danno corpo alla Resistenza rendendo possibile la lotta partigiana e dando concretezza ai suoi valori.

Una delle caratteristiche della Resistenza delle donne sarà la molteplicità dei ruoli, degli incarichi e delle esperienze vissute. E non stupisce se si considera che tale è caratteristica peculiare della loro esistenza.

Nella sua molteplicità, l’esperienza delle donne, sia essa legata agli archetipi femminili o imposta dalle esigenze di una guerra non tradizionale, intreccia sempre dimensione privata e pubblica e per questa via trova il politico come luogo in cui vivere il proprio essere donna.

In questa prospettiva cogliamo tutta la ricchezza dell’esperienza vissuta da Mimma Quarti nella Resistenza.

“La famiglia non rappresenta soltanto le scelte del padre e della madre… è lo strumento attraverso cui la società fa sentire se stessa, alcuni suoi valori” (Vittorio Foa). Mimma Quarti (nata ad Albino nel 1917) ha sempre sostenuto di avere conosciuto l’antifascismo insieme al latte materno.

Con il fratello Bruno Mimma cresce quando il fascismo sembra non avere rivali, ma in una famiglia convintamente antifascista. Il padre Pietro, impresario edile originario di Albino, e la madre Maria Taino  mantengono sempre una ferma distanza dal fascismo e insegnano ai propri figli ad esercitare lo spirito critico.

Entrambi i fratelli frequentano il liceo classico cittadino ed è proprio nel periodo liceale che Bruno incontra Ada Rossi, moglie di Ernesto, che avvicinerà i fratelli al Partito d’Azione.

Mimma, che aveva cinque anni meno del fratello e che con l’amica Velia Sacchi e Bianca Artifoni aveva condiviso l’insofferenza per la condizione a cui il fascismo relegava le donne, dopo l’8 settembre è attiva nel gruppo di donne impegnate nel portare soccorso agli ex-prigionieri della Grumellina.

Tradita dalla spia Bossi, viene arrestata e interrogata da Gino Strohmenger nella famigerata villa di Via Garibaldi. Rilasciata, abbandona Bergamo e ripara a Milano, dove svolge numerose azioni di collegamento per Giustizia e Libertà. Dall’autunno 1944. Tramite Leo Valiani e la Special Forces, diventa corriere per la Svizzera, portando documenti fondamentali per i rapporti con gli Alleati.

Il periodo della lotta clandestina costituisce per Mimma un’importante scuola che la libera dalle gabbie imposte da una società perbenista, superficiale e opaca e, nel dopoguerra, la rende una donna libera di scegliere il proprio destino.

Alla fine della guerra collabora con “L’Italia libera”, si laurea ed espatria in Francia: qui si dedica agli studi di neuropsichiatria, nell’équipe di Henri Laborit sperimenta su stessa i primi psicofarmaci e si specializza in psicologia infantile; professoressa presso gli Hôpitaux de Paris, lavora all’ospedale Vaugirard.

Tra i suoi scritti ricordiamo Les parents, libro che dedica alla madre e alla compagna Anne Gruner Schlumberger e in cui formula una particolare teoria educativa basata sull’educazione al ruolo di madre. I suoi studi rimangono ancora per gli studiosi francesi importanti punti di riferimento.

Muore il 10 settembre 1984 ed è sepolta accanto alla mamma a Scanzorosciate.

Mimma Quarti
Tesserino di libera circolazione rilasciato dal CLN nei giorni della Liberazione a nome di Mimma Quarti, staffetta
Scheda per il riconoscimento partigiano di Mimma Quarti
Mimma Quarti intervistata da A. Bendotti e G. Bertacchi, Bergamo 24 luglio 1978