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Ricordi personali e memoria collettiva

Angelica Casile

Angelica Casile nasce a Coccaglio, in provincia di Brescia, il 24 novembre 1924. In famiglia e per tutti è la  Cocca mentre “Gina” sarà il suo nome di battaglia  durante la Resistenza. Angelica è figlia di un ufficiale dell’esercito Demetrio Casile di sentimenti antifascisti  e di Caterina Trezzi. Giovane ragazza esuberante scopre la politica e l’antifascismo grazie alle relazioni personali e amicali: Gino Boselli, da cui prenderà il nome di battaglia, il suo primo fidanzato, arrestato e deportato in Germania dopo l’8 settembre e Adriana De Leidi, la sua parrucchiera,  sono in qualche modo coloro che daranno sostanza alla già presente insofferenza per  i “riti” del fascismo. Attraverso Adriana  De Leidi la Casile, nell’inverno del 1943, entra nei Gruppi di Difesa della Donna in cui comincia il suo “apprendistato” frequentando, nella casa di un’operaia della Magrini,  un piccolo corso di rudimenti infermieristici. Nei Gruppi di Difesa conosce Velia Sacchi “Rosa”, un altro incontro importante per la sua formazione e le sue scelte successive, che la avvicina al comunismo e soprattutto le permette di realizzare il desiderio di un impegno più attivo di quello che svolgeva nei Gruppi. Grazie alla Sacchi la Casile entra quindi in contatto con il Fronte della Gioventù, che stava si stava organizzando in Sap (Squadre di azione patriottica) in città e in provincia. Superato “l’esame” di Franco Nardari,  che guidava la Sap del Fronte a Bergamo, dopo una prima attività di propaganda e di diffusione di volantini e stampa clandestina, viene inquadrata nella formazione nel 5° Gap (Gruppo di azione patriottica), insieme ad altri giovanissimi come lei tra cui Ferruccio Dell’Orto, passando quindi a vere e proprie azioni di disarmo.  La sera dell’8 febbraio 1945 la Cocca guida un’azione di disarmo il cui esito è però tragico; mentre lei e altri due ragazzi del gruppo riescono a sfuggire alla cattura, Ferruccio Dell’Orto, ferito, viene preso in via Pignolo e portato alla caserma Nullo  dove, secondo un testimone, nonostante le sue condizioni, viene interrogato  e muore la notte stessa. A guerra finita la Casile si dedica interamente alla memoria di Dell’Orto: per sua iniziativa viene messa una lapide  in via Pignolo 10 dove Ferruccio era stato catturato dai fascisti e nel 1960, in occasione del quindicesimo della  morte di Dell’Orto e della Liberazione  sempre grazie all’impegno della Casile e dei suoi ex-compagni della Sap il Comune di Bergamo  gli intitola una via nel quartiere di Campagnola. A questi segni, per mantenerli vivi nel presente, affianca un costante dialogo con le giovani e i giovani dell’antifascismo “militante” bergamasco e dei movimenti, incontrandoli a casa sua, organizzando per loro passeggiate  nel centro cittadino il 25 aprile per raccontare la sua esperienza nella Resistenza o intervenendo sotto la lapide di Dell’Orto, per la parte del corteo che ogni 25 aprile segnava la propria distanza rispetto alle celebrazioni ufficiali chiudendo la manifestazione  in Via Pignolo, piuttosto che con il comizio ufficiale in Piazza Vittorio Veneto.  Negli anni Settanta, nel contesto di una difficile  situazione sociale e politica arroventata tra l’altro da un rinnovato scontro tra neofascismo e antifascismo, la Cocca è protagonista di una polemica attorno al Monumento al partigiano dello scultore Giacomo Manzù. In una lettera a “L’Eco di Bergamo” del marzo del 1977 ripubblicata poi dal “Quotidiano dei lavoratori” la Casile sottolinea la differenza tra il bozzetto originale approvato dalla Giunta comunale del 1974 – da lei ritenuto più vicino all’“essenza della Resistenza” che “fu lotta armata e violenta contro l’oppressore, nè esisteva altra via per la liberazione dell’oppresso” – e il soggetto definitivo dell’opera che secondo la Cocca rovescia completamente l’interpretazione della Resistenza: “ L’elemento centrale diventa un’ambigua pietà, il rifiuto di ogni violenza, che è il comodo e solito paravento di chi non vuole mai prendere posizione tra fascismo e antifascismo”.  Il monumento, posto in Piazza Matteotti, è inaugurato durante le celebrazioni del 25 aprile 1977 accompagnate da diverse contestazioni e da una contro-manifestazione, organizzata da Democrazia proletaria e da altre componenti della sinistra extra-parlamentare, in Piazza Pontida, dove la Cocca tiene l’intervento centrale. Dopo la sua morte, avvenuta il 22 dicembre 2017, la Cascina occupata, nel quartiere di Monterosso, ha intitolato lo stabile alla sua memoria: Kascina Autogestita Popolare Angelica “Cocca” Casile.

Angelica Casile
Scheda per l’iscrizione all’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia
La Resistenza è stata lotta non pietà, lettera di Angelica casile in “Quotidiano dei lavoratori”, 25 marzo 1977 e Quel partigiano sembra Gesù Cristo, intervista di Enrico Regazzoni a Giacomo Manzù in “La Repubblica”, 28 aprile 1977 e il Monumento al partigiano di Giacomo Manzù in Piazza Matteotti
La Cocca fotografata durante il comizio in Piazza Pontida il 25 aprile 1977