La famiglia Levi giunge ad Ambivere nel 1931: Guido Levi, nato a Modena nel 1891, sposato con Emma Bianca Tedeschi, nata a Firenze nel 1887, è farmacista ed ha rilevato la farmacia del paese.
Guido ed Emma Bianca hanno tre figlie: Nora e Laura, nate a Cengio rispettivamente il 9.12.1920 e l’11.09.1922, e Clara, nata a Cesano Maderno l’1.03.1929. La famiglia è benvoluta in paese, ma con le Leggi per la difesa della razza la quotidianità della vita è scardinata.
Guido avvia la pratica per ottenere il provvedimento di discriminazione così da poter continuare a svolgere la propria attività; chiede ed ottiene dal vescovo Bernareggi il battesimo per sé e le sue figlie; con lo scoppio della guerra si fa raggiungere dalle sorelle Lia Marta, nata nel 1888, e Elda, nata nel 1894, e dalla sorella della moglie, Ada Tedeschi, nata nel 1883. Guido raccoglie intorno a sé i propri cari forse sentendosi protetto da un paese che lo ha accolto e in cui ha costruito amicizie importanti come quella con la famiglia Perico. La progressiva privazione di diritti e la separazione dalla vita civile del paese addolorano profondamente Guido che si ammala: ricoverato all’ospedale di Bergamo, all’ingresso dei tedeschi in città presagisce il destino che li aspetta: “ora ci massacreranno tutti”. La lucida paura di Guido, che muore l’8.10.1943, non induce la moglie e le altre donne di casa Levi ad organizzare la fuga, a cercare un nascondiglio: restano nelle loro case, sorrette dalla forza di volontà e dall’energia di Emma Bianca.
All’indomani dell’ordinanza del Ministero dell’Interno della Rsi del 30.11.1943, su delazione di un bravo italiano, i carabinieri di Ponte San Pietro si recano per arrestare le Levi. Maria Perico ricorda il precipitarsi di suo padre in casa Levi, le suppliche al maresciallo D’Avalla di lasciare fuggire le donne, le generiche rassicurazioni del maresciallo e l’attesa del ritorno di Clara da Bergamo, dove frequentava le Orsoline: “l’hanno aspettata che arrivasse con il treno e le hanno portate via”.
Le Levi sono portate al carcere di Sant’Agata e qui restano fino al 23 febbraio, quando sono trasferite a Fossoli. Sul retro di un’immagine sacra appartenuta a Betty Ambiveri lasciano a ricordo il loro nome insieme ad altre cinque donne in attesa, come loro, di essere deportate perché dichiarate per legge “ebree”. In ritardo giunge l’autorizzazione richiesta dalla moglie del podestà di Ambivere per recuperare in casa Levi qualche capo di biancheria e vestiario; timidi e inutili sono i tentativi del vescovo per salvare le donne, che pure aveva battezzato.
Il 5 aprile le donne della famiglia Levi fanno parte del trasporto in partenza da Fossoli per Auschwitz, dove giungono il 10 aprile. Ada Tedeschi è gasata all’arrivo. Non sappiamo la data di morte delle più anziane Emma Bianca, Elda e Lia Marta; sappiamo che Clara e Nora risultano decedute a Bergen Belsen il 31.05.1945, mentre Laura è testimone dell’ingresso dei sovietici ad Auschwitz, dove era stata abbandonata perché malata al momento dell’evacuazione del campo.
Laura ritornò carica di ricordi e di dolore: provò a ricostruirsi una vita normale, ma senza mai riuscirci veramente. Lasciò alcuni capitoli di un testo che forse sognava di vedere pubblicato: Conoscere tacendo e giudicare meditando. Qui della sua mamma fissa per sempre “l’incrollabile serenità. Ricordo ancor oggi l’espressione del suo volto desolato e sereno nel medesimo tempo. Non ebbe mai parole di esecrazione verso i suoi persecutori, ma parole di commiserazione, soleva dire che chi fa del male sta peggio di chi lo riceve”. Qui ricorda il campo e il lavoro che uccide, condiviso spesso con le sorelle Nora e Clara, “piccola martire, sempre serena”. Qui evoca la separazione dalle sorelle e il suo aspetto all’arrivo dei sovietici: “Ero 45 kg col vestito e le scarpe e sono alta 1.72 senza tacchi: per fortuna cominciavano a crescere i miei ricci castani sulla pelata”.