Roberto Berger e la sua famiglia
Calolziocorte
Scheda di famiglia
Roberto Berger, nato nel 1905, la moglie Gertrude Pick, nata nel 1904, i figli Tommaso, nato nel 1929 e Enzo, nato nel 1931.
(Capitoli di riferimento: Gli sfollati: nuove presenze ebree italiane nella provincia / Fuggiaschi e clandestini)
Calolziocorte situata nei pressi del lago di Olginate era anche luogo di villeggiatura: ben collegato via treno con Milano aveva numerose case di villeggiatura ed era sufficientemente lontano dalle officine di Lecco per diventare un luogo dove sfollare.
La famiglia aveva origini russe: il nonno Ignazio Berger era originario di Bialystok. Dopo la 1° guerra mondiale era fuggito dalla Russia Bianca e si era stabilito in Austria, a Vienna, dove aveva fatto fortuna inventando e producendo un famoso lucido da scarpe, il Guttalin. Racconta il nipote Tommaso[1] che il nonno:
nel 1938, alla vigilia dell’Anschluss, si recò alla Banca Popolare di Lugano e prelevò tutto l’oro frutto dei suoi risparmi. Come altri facoltosi ebrei, lo consegnò ai tedeschi per evitare che invadessero l’Austria. Poco prima dell’annessione, infatti, Hitler aveva messo in giro la voce del possibile patteggiamento. Il giorno stesso del loro arrivo a Vienna, i nazisti assassinarono mio nonno per evitare che svelasse la beffa.
Il Guttalin era stato esportato anche in Italia e Roberto si era trasferito a Milano già nel 1921 per curare gli interessi della ditta su questo mercato. I figli erano stati regolarmente iscritti nelle scuole statali e come tutti i bambini ebrei avevano dovuto subire l’allontanamento disposto dalle leggi razziali:
A Milano. Con le leggi razziali la scuola elementare ebraica che frequentavo fu chiusa. Grazie all’intermediazione dell’avvocato Francesco Carnelutti, mio padre parlò a Roma con padre Pietro Tacchi Venturi, che teneva i rapporti tra il Vaticano e Mussolini. “Lei deve far battezzare i suoi due figli. Poi potrà iscriverli al Gonzaga, l’istituto dei Fratelli delle scuole cristiane, ma si sbrighi”, fu il consiglio dell’influente gesuita. Così una mattina alle 7, nella chiesa di San Gioachimo, in dieci minuti l’intera famiglia Berger venne battezzata, comunicata e cresimata. Ciò nonostante sul Popolo d’Italia uscì un articolo che denunciava mio padre come “l’ebreo abitante in piazza Fiume 10 che cerca di mettersi la maschera”. Io mi ritrovai nella quarta elementare del Gonzaga ad ascoltare l’insegnante che spiegava come i giudei avessero ucciso Gesù e quindi fossero colpevoli di deicidio.
A seguito dei bombardamenti, che avevano danneggiato anche la loro casa, la famiglia era sfollata a Calolziocorte[2].
La nonna, Fanny Jette Engel si era rifugiata in Italia dopo la cattura del marito nel 1938, aveva lasciato Milano ed era sfollata a Baveno (NO) sul lago Maggiore, li fu catturata dai tedeschi e uccisa nella strage nota come “eccidio di Meina” il 15 settembre 1943[3].
La notizia delle iniziative tedesche e dell’uccisione della madre, doveva essere giunta anche alla loro residenza bergamasca e Roberto organizzò la fuga in Svizzera, è il figlio Tommaso a raccontare a Renata Broggini, nel marzo 1997, la loro vicenda:
Nel settembre 1943 papà venne a prendere noi ragazzi all’istituto «don Guanella». Fuggimmo attraverso le montagne e, camminando una notte intera, arrivammo in Svizzera alle sei del mattino. La guardia ci respinse perché eravamo apolidi. Ricordo la scena delle guardie con i fucili puntati: «Dovete andare… Dovete andare… fuori!». Alle nove eravamo già fuori. Avevo quattordici anni. Rientrammo in Italia divisi, per ritrovarci al «don Guanella». Poi, io solo, da Chiavenna andai a Como per parlare con il console svizzero Brenni. Avevamo mezzi, volevamo scappare. II console ci mise in contatto con il «marchese d’Urio», un contrabbandiere, penso: questo ci disse che potevamo passare. Appuntamento a Como dove tutta la famiglia, dispersa, si sarebbe ritrovata. Ritentammo allora dal Bisbino[4]. Questa volta ci accolsero. Abbiamo salvato la pelle![5]
Riuscirono a riparare in Svizzera, non sappiamo se con loro o separatamente, anche lo zio di Tommaso: Alberto Berger (nato nel 1906) e suo figlio Giuseppe (nato nel 1936).
[1] Le notizie sulla famiglia sono tratte prevalentemente da un’intervista rilasciata da Tommaso Berger a Stefano Lorenzetto, Il povero miliardario che attacca i figli “Hanno fatto un sacco di soldi. I miei”, Il Giornale.it, 21 ottobre 2007, https://www.ilgiornale.it/news/povero-miliardario-che-attacca-i-figli-hanno-fatto-sacco.html. Non ho trovato riscontri rispetto al contenuto del racconto.
[2] Cfr. Renata Broggini La Frontiera della speranza, Gli ebrei dall’Italia verso la Svizzera 1943-1945, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1998, p. 9.
[3] Fanny Jette Engel, nata a Katovice (PL) il 30 dicembre 1872. Cfr. Liliana Picciotto, Il libro della Memoria.
[4] Il Monte Bisbino, alto 1325 metri, segna il confine tra la provincia di Como e il Canton Ticino.
[5] Renata Broggini, La Frontiera della speranza, Gli ebrei dall’Italia verso la Svizzera 1943-1945, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1998, p. 9.