scheda completa

Brod Franca e Salom Rachele

Franca Brod e Rachele Salom 


Bergamo e Stezzano


Scheda di famiglia


Franca Brod, nata a Trieste il 15 maggio 1931, genitori presenti ma non citati con generalità; Rachele Salom vedova Morpurgo, nonna materna.

(Capitoli di riferimento: Gli sfollati: nuove presenze ebree italiane nella provincia / Fuggiaschi e clandestini)


I Brod si erano trasferiti a Milano da Trieste quando Franca era ancora piccola. Dopo i bombardamenti alleati dell’agosto 1943 sfollarono a Bergamo dove vennero ospitati dall’avv. Zambianchi, amico del signor Brod, che li accolse nella sua casa di via Monte Ortigara 3 per alcune settimane in attesa di trovare un alloggio da affittare[1].


Ho conosciuto Franca Brod Boccara[2] il 27 gennaio 2005 durante le celebrazioni del Giorno della Memoria, ho potuto così chiederle di raccontare la sua storia, lo ha fatto in questa lettera:


Milano 14 marzo 2005


… ho cercato di ricordare il periodo di tempo che ho trascorso a Bergamo. Io mi chiamo Franca Brod, nata a Trieste il 15/5/1931, ho sempre abitato a Milano, salvo i 2 anni e 48 giorni trascorsi a Bergamo fra il 14/8/1943 e il settembre 1945.


Con mio padre e mia madre siamo arrivati a Bergamo, sfollati in seguito al pesante bombardamento del 13 agosto.


L’avv. Zambianchi[3], che era un amico di mio padre, ci ha accolti in casa sua, in via Monte Ortigara 3 per alcune settimane, il tempo di trovare un alloggio. Nel frattempo è sopraggiunto l’8 settembre e l’Avv. ci ha aiutato a nasconderci. Non ho mai saputo il nome del padrone di casa, ma l’ho visto il giorno che è venuto a minacciare di denunciarci ai tedeschi, e ancora una volta l’Avv. Zambianchi ci ha salvato minacciandolo di rappresaglie per lui e la sua famiglia. Gli altri abitanti di via S. Alessandro 106 erano delle carissime persone, i signori Nessi e Piccinelli di cui abbiamo conservato l’amicizia per diversi anni. Abbiamo avuto dei documenti falsi due volte: la prima volta ci chiamavamo Rota, la seconda Broggi e le carte d’identità erano state rilasciate dal comune di Broni pavese, e ci avevano fornito anche di tessere annonarie.


Uscivamo poco di casa: mio padre andava qualche volta a Milano, col primo treno del mattino, cercando di racimolare un po’ di denaro. Il suo ufficio brevetti era chiuso e nel febbraio del 1944 gli avevano espropriato i denari del conto in banca.

Mia madre usciva all’imbrunire e faceva una camminata sulle mura di Città Alta. Io andavo a lezione alle 6.30 del mattino due volte la settimana dal Prof. Marchesi al collegio S. Alessandro per lettere e una volta in via san Bernardino per matematica. Avevo trovato una famiglia dove potevo andare a giocare qualche pomeriggio e mi davano la merenda insieme ai ragazzi di casa. Nessuna di queste persone ha mai fatto domande su di noi. Siamo in amicizia ancora oggi.


Una notte durante l’inverno del 1944 sono venuti i tedeschi, cercavano un partigiano, ma non hanno perquisito l’appartamento.


Mia nonna Rachele Salom in Morpurgo abitava a Trieste con una figlia, una nipote col marito e un bambino. Dopo l’8 settembre erano sfollati a San Martino di Lupari, in provincia di Padova. La zia aveva preferito portare da noi mia nonna, perché il nipote era partigiano e vivevano in modo molto precario. L’Avv. Zambianchi aveva trovato un rifugio per mia nonna a Stezzano presso i signori Zonca.


P.S.

Sono andata due volte al teatro Donizetti, con i signori Nessi e mi ricordo di aver visto il “Werter” e “La fanciulla del west” credo durante l’inverno 43-44. Preferisco ricordare questi avvenimenti, piuttosto che fame, freddo e solitudine.[4]

Dopo la liberazione Franca e la sua famiglia ritornarono a Milano. Franca, in occasione della sua partecipazione ad un campeggio ebraico incontrò Elia Boccara (ebreo di origini livornesi, ma cresciuto a Tunisi, dove il padre lavorava come agente dell’INA per la Tunisia) che sposò nel 1961[5].  

(capitolo di riferimento: Fuggiaschi e clandestini)


Rachele Salom

Stezzano


A Stezzano non c’erano internati ebrei e non abbiamo notizia di ebrei lì sfollati, però la signora Rachele Salom ved. Morpurgo “che era la moglie del rettore dell’università di Trieste, che era già morto[6] trovò rifugio in quel paese. A Stezzano era giunta per nascondersi a casa dei coniugi Arturo Zonca e Ferrari Liberata[7]: l’avvocato Zambianchi, membro del CLN cittadino, che già aveva provveduto a trovare un rifugio a Franca Brod e alla sua famiglia a Bergamo, cercava una collocazione per la nonna di Franca, giunta da Trieste dove nessun ebreo era più sicuro dopo l’arrivo dei tedeschi, e aveva chiesto al signor Zonca di ospitarla. La storia è stata raccontata dalla figlia Lea, una signora che malgrado i suoi 89 anni, era nata il 2 gennaio 1916, conservava una memoria ancora viva di quei fatti[8]:


Si chiamava Morpurgo Rachele, l’età sarà stata sui settanta. Tremava spesso per la paura quando sentiva che passavano i tedeschi, le dicevamo “Guardi che non diciamo niente che lei non è cattolica, anzi che è ebrea.” Mia mamma l’aveva detto anche al parroco “Guardi che ce l’ho in casa, è un po’ anziana.” E lui “Non tema, speriamo di no che stia bene, ma se dovesse morire io gliela porto in chiesa: facciamo il funerale come se fosse cattolica, e se i parenti non vogliono pubblicità si piglia anche nel cimitero di Stezzano, dopo col tempo finita la guerra si vedrà il da farsi.” E allora noi eravamo tranquilli perché avevamo messo a posto anche questa faccenda, si sa mai sa, era anzianetta e poi quando sentiva ste cose aveva paura. In paese abbiamo detto che era una zia di mia mamma mantovana, mia mamma era mantovana, rimasta sola è venuta in casa nostra. L’abbiamo tenuta lì, e nessuno si è mai accorto, neanche gli è venuto il dubbio di dire “Mah … già l’abbiam mai vista.” Usciva poco perché anche lei aveva paura ed è andata bene, l’abbiam tenuta gli ultimi due anni e mezzo della guerra. Aveva due figlie, una aveva sposata un cattolico, quell’altra no ed era nascosta, viveva in via Sant’Alessandro con il marito e una figlia, ogni tanto, anzi tutti i giorni veniva a trovare la mamma, dopo qualcuno ha detto “Mah chi ela[9], vien sempre qui tutti i giorni, chi va a trovare.” L’abbiamo avvisata e allora per una settimana non si è fatta vedere, dopo ha ripreso, non tutti i giorni, è andata bene.


La signora Morpurgo ce l’aveva fatta conoscere il signor Zambianchi, l’avvocato. Conoscevamo bene gli Zambianchi, la signora ha insegnato a Stezzano ed è stata anche la mia maestra, dopo ho avuto bisogno, sa dalla quinta per andare alle medie avevamo bisogno a quei tempi di una preparazione, e allora siccome mia mamma conosceva bene la signora Zambianchi sono andata dal “professur” per prepararmi per le medie; era una persona molto colta e intelligente e un’ottima persona, anche la famiglia, la madre, la moglie, era un’ottima famiglia. Siamo sempre stati in amicizia, il professore era nella resistenza, mio papà no, lui non ha avuto a che fare né in bene né in male, si è estraniato dalla vita politica. Io insegnavo nell’opera Balilla, sa cosa era, andavo a fargli fare ginnastica. Papà era pittore, vede i quadri dietro, i meno belli sono rimasti, gli altri trovava sempre da dare, era pittore decoratore, faceva tanto i plafoni nei palazzi, nelle case dei conti, però di politica non si è mai interessato, è sempre stato fuori, ma è sempre stato rispettato. Mia mamma era ostetrica, noi eravamo tre figlie, due maestre una invece impiegata all’Upim. E allora l’avvocato ha detto ai miei genitori “Prendetela in casa, passa come la vostra nonna, la fate passare per una mantovana.” E allora i miei l’han presa. La signora usciva delle volte sulla porta per vedere il movimento di Stezzano, in chiesa non andava e noi abbiamo detto che è tanto anziana che bisogna accompagnarla, poi bisogna portarla a casa e abbiamo paura che cada e anche nel banco si sa … tante scuse. Noi abitavamo di fianco alla chiesa, i tedeschi erano alloggiati dove ci son le scuole, sono stati a lungo a Stezzano, ma non hanno fatto mai … non possiamo lamentarci perché si son comportati bene, oh Dio anche noi sai si filava. Fascisti non ce n’erano, ma ormai fingevano di non esserlo, e noi sapevamo, però si comportavano tutti bene e non è mai successo niente. Io insegnavo, andavo a fare scuola e stavo via tutta la settimana, in bicicletta nei paesi dove avevo la nomina, e venivo a casa il sabato. Quando venivo a casa le facevo compagnia, io non avevo la nonna e allora avevo lei, andavo d’accordo. Quando non c’era mia mamma dicevo “Signora vuol provare a fare da mangiare lei.” Perché quando c’era mia mamma ci teneva a far da mangiare, ma quando mia mamma andava a Mantova a trovare una sorella o i fratelli, dicevo signora vuol fare da mangiare lei, pasticciava un po’ però era tutta contenta e allora lasciavo fare anche a lei. Ricordo la nipote, una bambina[10], han sofferto la fame né, aveva sempre fame poverina quella bambina lì, perché noi qui a Stezzano riuscivamo ad avere un po’ di pane in più, e allora alla bambina quando veniva, si diceva “Vai la nella sportina, tira fuori un panino.” E lo mangiava volentieri, perché a Bergamo davano meno, noi riuscivamo ad avere un po’ di farina: mia zia che aveva il mulino qui a Stezzano e qualche sacchetto di farina l’avevamo anche noi e allora andava bene anche alla signora Morpurgo, perché si è abituata anche lei, qualche fettina di polenta, oppure prendevamo il pane per lei, che bei ricordi. Comunque, è andato tutto bene, ah, se ci scoprivano andavamo tutti a finire in Germania, padre, madre … è stato un bel rischio però è andato tutto abbastanza liscio. D’altra parte povera gente anche loro cosa voleva fare, voleva condannarli?


Dopo la guerra è tornata a Trieste, per due anni o tre ci si scriveva, anzi mia mamma deve essere andata a trovarli a Trieste, perché eravamo al mare mi pare, io ero al mare con i bambini e lei è partita per andare a Trieste a trovare questi signori, finché dopo è morta e allora la relazione è finita, perché con la figlia non avevamo contatti.





[1] Le notizie sono ricavate dalla lettera di Franca Brod a Silvio Cavati in data 14 marzo 2005, archivio personale di Silvio Cavati. 


[2] L’autore ha conosciuto Franca Brod Boccara a Bergamo in occasione della posa nei giardini della “Rocca” di una lapide commemorativa il 27 gennaio 2005.


[3] L’avvocato Ezio Zambianchi, nato il 7 maggio 1892 in San Zenone Po’, morto a Bergamo il 21 dicembre 1945, fu membro del CLN di Bergamo, venne nominato prefetto di Bergamo all’atto dell’insurrezione e della cacciata di fascisti e tedeschi dalla città.


[4] Lettera di Franca Brod a Silvio Cavati in data 14 marzo 2005.


[5] Pier Cesare Ioly Zorattini, Io, un ebreo portoghese, italiano, livornese a Tunisi, Bet magazine mosaico, sito ufficiale della comunità ebraica di Milano, articolo di presentazione del volume di Elia Boccara Un ebreo livornese a Tunisi. Affetti trovati e perduti tra Tunisi, Italia e Israele, Giuntina, Firenze, 2016. http://www.mosaico-cem.it/cultura-e-societa/libri/un-ebreo-portoghese-italiano-livornese-tunisi.


[6] Si tratta di Giulio Morpurgo rettore della Regia Università degli studi economici e commerciali dal 1926 al 1930.


[7] Arturo Zonca era nato a Stezzano il 14 ottobre 1886, pittore decoratore, a Stezzano si era stabilito dopo aver lasciato Bergamo il 1 dicembre 1921. Il 21 novembre 1914 si era sposato con Ferrari Liberata a San Martino all’Argine (MN) paese dove il 15 marzo 1885 era nata sua moglie. Liberata si era stabilita a Bergamo nel 1909 e svolgeva la professione di levatrice.


[8] L’intervista a Lea Zonca, coniugata Gelfi, è stata effettuata da Silvio Cavati con la collaborazione di Elisabetta Belloni il 20 ottobre 2005 a Stezzano, a casa della signora Lea, ora deceduta. Archivio personale di Silvio Cavati.


[9] Dialetto bergamasco: ma chi è.


[10] Si tratta di Franca Brod Boccara.