scheda completa

Dubienski Jeckiel

Jeckiel Dubienski e la sua famiglia


Gandino


Scheda di famiglia e percorso di internamento


Jeckiel Dubienski (IG), nato a Poloniczna (Polonia ora Ucraina) l’1 novembre 1900; giunto in Italia a Milano nel 1921, fu internato a Ferramonti il 20 settembre 1940, poi a Tortoreto (TE) il 21 agosto 1941. Fu confinato a Gandino almeno dalla metà del 1942, dove era presente anche nel 1943. A Gandino fu raggiunto in data imprecisata, come risulta dalle testimonianze, dalla moglie, Clara Lowensohn, nata a Vienna il 25 giugno 1901, e dai figli Kurt, nato a Vienna il 3 aprile 1923, e Rita, nata a Vienna il 28 maggio 1925, che non risultano negli elenchi degli internati. 

(Capitoli di riferimento: Gli “internati liberi” in provincia di Bergamo / Fuggiaschi e clandestini)


Come per altre famiglie ebree, Jechiel era il solo internato del nucleo familiare, i Dubienski alloggiavano in una palazzina nei pressi delle scuole elementari, dove risiedevano anche i coniugi Tommaso Crotti e Fede Archetti [1]. Jechiel in una testimonianza resa dopo la guerra così descriveva Gandino e la situazione degli internati nel paese[2]:


Questo paese nelle montagne bergamasche ha servito durante la guerra come zona di confine libero agli ebrei internati e nascosti ed oltre a questi, a sei albanesi ivi al confine libero. I primi arrivarono alla fine del 1941 e furono accolti molto bene dalla popolazione. Questo non si potrebbe dire di un altro Comune più grande della stessa Provincia. Gli internati erano obbligati a presentarsi ogni domenica alla caserma dei carabinieri. Solo una piccola parte percepiva il sussidio governativo di L. 8 al giorno, diversi si guadagnavano la vita con una specie di pellicceria lavorando la ritaglia delle pelli. Molti di questi prodotti venivano acquistati dalla popolazione che cercava in questo modo di aiutare gli ebrei internati. Il comportamento esemplare degli internati era stimato non solo dagli abitanti, ma anche dalle autorità del paese.


Il 13 agosto 1942 Jechiel chiese una licenza per potersi recare per cure ad Abano, il certificato medico venne inoltrato dal comune alla Questura di Bergamo, che lo rinviò facendo presente che l’interessato doveva far pervenire una documentata istanza diretta al Ministero dell’Interno, iter che Jechiel doveva avere seguito però senza fortuna: il 31 ottobre 1942 la questura comunicava che il ministero aveva respinto la richiesta: per fortuna le cure termali, all’epoca ritenute molto più essenziali di quanto le si consideri oggi, dovevano essere utili a Jechiel, ma non necessarie[3].


Il giovane Kurt scendeva spesso a Rovetta dove aveva trovato lavoro, forse tramite i Diwald, e dove frequentava la famiglia Colombo, la cui figlia Caterina sposò dopo la guerra[4].


Dopo l’8 settembre gli ebrei gandinesi si attrezzarono per la fuga o la clandestinità: dai racconti di un reduce della campagna di Russia avevano sentito cosa i tedeschi facevano agli ebrei in quel paese. Che gli ebrei fossero fuggiti sui monti circostanti dovevano saperlo anche i carabinieri, che però comunicavano al Comando di Bergamo il 15 ottobre[5]


Per le ricerche del caso si comunica che il giorno 14 corrente, per timore di eventuali rappresaglie da parte delle truppe di occupazione tedesche, si sono allontanati per ignota destinazione i sottonotati ebrei: 1) Dubienski Jechiel, 2) Lowi Jechiel.


i Dubienski infatti avevano lasciato il paese e si erano rifugiati nelle montagne sopra Gandino dapprima ospiti dei Rudelli alla “colonia Rudelli” al Palandone; così lo ricorda Lina Rudelli[6]:    


Era un signore distinto e aveva una figlia tanto distinta, so che quando sentiva un aereo che passava su in montagna lui si metteva sotto un abete perché diceva “può fotografare”, “Eh”, dico, “come dire che fotografa l’ebreo, lasci perdere, vede un signore che è andato in montagna, non bisogna drammatizzare”, ma c’era un gran paura, bisogna rispettare.  


Il Palandone divenne ben presto sovraffollato, i Dubienski si spostarono al vicino Campo d’Avene, in una casa di proprietà degli industriali Testa[7]. L’incrudire dell’inverno costrinse tutti a tornare in paese, dove vennero dotati di documenti falsi, i Dubienski diventarono i Damiani: Giulio, Clara, Corrado e Rita.


E’ stato lo stesso Jechiel a raccontare questo periodo in una memoria conservata presso il Fondo Kalk[8] al CDEC di Milano: 


La vita difficile e pericolosa incominciò col 8 settembre del 1943. I tedeschi avevano occupato il capoluogo della provincia (Bergamo) e l’unica via di salvezza sembrava la fuga in montagna. All’alba del 11 settembre diversi gruppi si dirigevano sulle montagne circostanti Gandino. Si camminava sui sentieri più ripidi fino a 1450 m di altezza con bagagli e viveri di ogni genere. Come alloggi in queste montagne servivano baite, roccoli e case isolate messe a disposizione dalla popolazione di Gandino gratis o con minimo affitto. I singoli gruppi erano dislocati con una minima distanza (seguono due parole illeggibili, forse “di un’ora”). L’approvvigionamento veniva fatto con muli e asini da persone fidate, le quali impiegavano per un viaggio simile fino a sei ore tra andata e ritorno. Secondo le notizie provenienti dal paese nessun tedesco si era fatto vedere e questo incoraggiava diversi ebrei esiliati in montagna a scendere di notte per raccogliere notizie e a fornirsi di cibi. L’intiera famiglia di ebrei italiani nascosti a Gandino che aveva preferito andare in Svizzera cadeva alla frontiera nelle mani delle SS tedesche[9]. Un altro gruppo di ebrei internati composto di cinque uomini due donne e una bambina di due anni attraversava la frontiera svizzera nelle vicinanze di Tirano dopo una faticosa marcia di quasi 70 km di alta montagna[10]. Erano passati circa tre mesi e la neve cominciava a rendere impossibile il rifornimento dei viveri. Primi ad abbandonare la montagna furono diversi giovani e partigiani, nascosti spesso insieme agli ebrei. E così fu deciso il ritorno a Gandino dove gli internati erano segnalati alla Questura come scomparsi e andati in Svizzera. Una sola famiglia scendeva la montagna dall’altro versante per rifugiarsi a Rovetta con Fino. Anche in questo comune c’erano diverse famiglie ebree nascoste. Quasi tutti quelli tornati a Gandino tornavano nelle stesse abitazioni, altri cercavano delle case più nascoste.  Tutti godevano della bontà della popolazione. La stazione dei Carabinieri non esisteva più e ogni tanto veniva qualche breve visita della G.N.R. Brigate Nere e X MAS. Qualche tedesco solitamente per acquisti nei lanifici di Gandino. Così passavano altri 12 mesi fra rastrellamenti compiuti nel paese e nelle vicinanze dove operavano deboli gruppi di partigiani. Un bel giorno si svuotava la scuola per far posto ad un forte gruppo di Brigate Nere. In questi rastrellamenti cadevano nelle mani di questi due ebrei, che invece di stare in casa passeggiavano per le strade. Tutti e due furono salvati coll’intervento della popolazione, aiutati da carte false procurate in tempo. A questo gruppo di Brigate nere davano il cambio più di mille SS tedesche misti con russi del Caucaso fino al giorno della liberazione 28/4/1945. Così si salvarono 42 ebrei la vita a Gandino, mentre sette bravi abitanti per mano delle SS perdevano la vita. Gandino ha dato asilo per più di due anni ad un ebreo austriaco privo di mezzi, di oltre settant’anni, nel suo ospedale, il quale ha poi raggiunto i suoi figli in Australia. I medici del paese medicavano maggiormente a gratis o con un minimo compenso. Nel giorno della liberazione si trovava sulle case “Viva gli ebrei”.


Finita la guerra i Dubienski ritornarono a Milano, tre anni dopo, nel 1948, Jechiel, a nome degli Ebrei profughi a Gandino, donò al Comune, nella persona del Sindaco Dott. Raimondo Zilioli, una pergamena, in segno di gratitudine e riconoscenza.


Il figlio Kurt non si allontanò dalla bergamasca: durante l’internamento a Clusone aveva conosciuto una ragazza del posto, Caterina Colombo, che aveva sposato dopo la guerra, stabilendosi a Clusone. Musicista, ha fondato nel 1957 il coro Idica di Clusone, che ha diretto per lunghi anni. E’ morto il 25 marzo 2009[11].






[1] Cfr. Iko Colombi, Memoria di gente ebrea a Gandino, Civit@s periodico di informazione del Comune di Gandino Anno 5, n. 1, marzo 2006, pp. 6-7, reperibile anche on line come pdf scaricabile su https://www.gandino.it/paper/civits-marzo-2006


[2] Cdec, fondo Kalk, busta 5 fascicolo 62, c.1 Ricordi sul confinato libero a Gandino (Bergamo) di Jechiel Dubienski, cc. 3 manoscritto in lingua italiana – stralcio dattiloscritto del testo Testimonianza di Jechiel Dubiensky, pp. 1 e 2; reperibile sul sito del Cdec all’indirizzo 

http://www.cdec.it/Fondo_kalk/mostra_fascicoli.asp?id_struttura=7&indice=1


[3] AC Gandino, Comune di Gandino lettera alla Questura in data 13 agosto 1942, Questura di Bergamo, lettera in data 18 agosto 1942, Questura di Bergamo, lettera in data 31 ottobre 1942.


[4] Cfr. Mino Scandella, Ricordate che questo è statoebrei internati liberi a Clusone 1941-1945, Quaderni di CLUBI n. 10, Clusone (BG), Comune di Clusone, 2016, p. 75; dopo la guerra Kurt si stabilirà definitivamente a Clusone. 


[5] AC Gandino, lettera del maresciallo capo Umberto Baldassare al Comando della compagnia dei carabinieri reali di Bergamo Esterna e p.c. al Comune di Gandino in data 15 ottobre 1943 relativa alle famiglie Dubieski e Loewi. E’ da notare che l’intestazione della lettera, che non è su modulo prestampato, ma battuta a macchina, porta ancora la dizione “Reali”.


[6] Archivio personale di Silvio Cavati, intervista a Lina Rudelli di Riccardo Schwamenthal, effettuata in data imprecisata.


[7] Cfr. Iko Colombi, Memoria di gente ebrea a Gandino, op. cit., p. 7.


[8] Cdec, fondo Kalk, busta 5 fascicolo 62, c.1 Ricordi sul confinato libero a Gandino (Bergamo) di Jechiel Dubienski, cc. 3, op. cit.


[9] Non siamo riusciti a trovare notizie di questa famiglia, nessuno dei testimoni del paese li ricorda, si tratta probabilmente di sfollati italiani rimasti per breve tempo.


[10] Si tratta della famiglia Checinski, dei due Zeitlin e di altri due uomini di cui non abbiamo elementi che consentano l’identificazione.


[11] E. Roncalli, E’ morto Kurt Dubiensky fondatore del Coro Idica, L’Eco di Bergamo edizione online, 25 Marzo 2009, https://www.ecodibergamo.it/stories/cultura-e-spettacoli/60217_e_morto_kurt_dubiensky_fondatore_del_coro_idica/